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Schiavi dell’Europa! Scatta la trappola per l’Italia: ecco le nuove regole che ci schiacceranno

Pubblicato il 11/02/2024 13:04 - Aggiornato il 11/02/2024 13:47

Patto di stabilità, le nuove regole: i governi perdono (altra) sovranità – Dopo 16 ore di trattative, l’accordo è stato trovato tra venerdì e sabato, nella notte, con il favore delle tenebre verrebbe da dire, dunque prende vita la riforma del Patto di stabilità: riduzione dei deficit e dei debiti sono gli obiettivi dichiarati, ma non si piò non notare una sorta di commissariamento – ulteriore – delle economie più deboli dell’Unione europea, come la nostra. Ogni mossa dovrà prima essere vagliata e approvata dalla Commissione. Una sovranità limitata, insomma. Il nome completo del pacchetto di misure sarebbe Patto di stabilità e crescita, ma la crescita evidentemente non interessa a Bruxelles: l’unica cosa che conta sono i conti pubblici da aggiustare, anche con tagli alla spesa pubblica, pur se definiti “riforme strutturali”. Altrimenti, niente flessibilità fiscale: una sorta di ricatto mascherato, in definitiva. Il percorso di rientro per la riduzione del debito pubblico inizierà già il 21 giugno. Ora, manca solo il varo formale di Parlamento europeo e Consiglio europeo della proposta di riforma del Patto, presentata dalla Commissione Ue nell’aprile scorso. (Continua a leggere dopo la foto)
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Un ricatto mascherato

I principi cardine restano quelli fissati nel Trattato di Maastricht: mantenere il deficit al di sotto del 3% del Pil e il debito al di sotto del 60%: in quest’ultimo caso, l’Italia è nettamente indietro poiché il suo debito pubblico vale il 144% del Pil. L’intesa arriva in tempo utile per consentire il via libera definitivo entro la fine della legislatura. il Commissario europeo all’Economia, il “nostro” Paolo Gentiloni, in una nota, ha specificato che i testi concordati sono “diversi e più complessi”, ma “ne conservano gli elementi fondamentali”. Vediamo, dunque, quali sono gli elementi fondamentali. I Paesi con un debito pubblico superiore al 60% del Pil dovranno presentare dei piani di riduzione in quattro anni che possono essere estesi a sette in cambio di riforme e investimenti. I piani saranno nazionali, dunque. Il parametro di riferimento sarà la spesa primaria netta. Per gli Stati membri con un disavanzo superiore al 3% del Pil o un debito pubblico superiore al 60% del Pil, la Commissione pubblicherà una “traiettoria di riferimento” specifica per ciascun Paese, basata sulla spesa netta dei singoli Stati. (Continua a leggere dopo la foto)
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La traiettoria di riferimento

“La traiettoria di riferimento indicherà il modo in cui gli Stati membri potranno garantire che, alla fine di un periodo di aggiustamento di quattro anni, il debito pubblico sia su una traiettoria plausibilmente discendente o rimanga a livelli prudenti nel medio termine”, si legge nel comunicato pubblicato questa notte dal Consiglio. Come leggiamo su la Repubblica, il ministro delle Finanze belga, Vincent Van Peteghem (siamo nel semestre della presidenza belga del Consiglio europeo), che ha condotto il negoziato insieme ai relatori parlamentari, si dice soddisfatto delle nuove regole. Tali traiettorie di riferimento, inoltre, arriveranno ai singoli Paesi entro giugno per consentire loro di trasmettere a Bruxelles entro il 20 settembre i piani pluriennali di spesa. Sono, invece, rimaste invariate le salvaguardie quantitative volute dalla Germania su debito e deficit (riduzione del debito dell’1% annuo se supera il 90% del Pil; deficit all’1,5% nei periodi di crescita). Bisognerà da questo momento prestare attenzione ad alcune date: il prossimo 15 febbraio, il 13 giugno, il 21 giugno e il 20 settembre. (Continua a leggere dopo la foto)

Transizione Green “prioritaria”

Il 15 febbraio la Commissione europea renderà pubblici i dati delle previsioni economiche invernali; il 13 giugno, subito dopo le elezioni europee, la Commissione uscente renderà note le procedure per deficit eccessivo. E l’Italia, sicuramente, figurerà nell’elenco. Poi, il 21 giugno, la (nuova) Commissione europea dovrà presentare, in base al nuovo Patto di stabilità, gli obiettivi di aggiustamento dei conti pubblici a medio termine. Infine, il 20 settembre, i governi dovranno formulare i loro piani pluriennali di spesa. Le nuove regole obbligheranno gli Stati ad assicurare gli investimenti nelle aree giudicate “prioritarie” dalla Commissione europea: transizione climatica e digitale, sicurezza energetica e Difesa. La transizione climatica, pervasa delle follie dell’ideologia “Green” di cui scriviamo da un po’, in particolare, sarà propedeutica alla flessibilità fiscale che, bontà sua, verrebbe garantita dall’Unione europea. Lo ammettono candidamente, è scritto nel testo: se uno Stato membro fallirà in questi obiettivi, “la Commissione un percorso di tagli molto più breve”.

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