Proposto inizialmente come un patto tra il Fisco e i contribuenti più affidabili, il nuovo concordato fiscale biennale voluto dal governo, con il quale si stabiliscono a priori le tasse da pagare, sarà aperto a tutti i lavoratori autonomi e titolari di redditi di impresa. Con il Fisco che, al momento di proporre al contribuente la cifra da pagare, non potrà pretendere più del 10% di quanto versato l’anno prima. Questo il risultato delle decisioni dell’esecutivo, che nelle scorse ore ha approvato alcune osservazioni alla Camera e cambiato, di fatto, l’impianto del cosiddetto “patto sulle tasse” previsto dalla riforma fiscale, in accoglimento dei suggerimenti del Parlamento. Una serie di scelte che, immancabilmente, hanno fatto discutere, con l’opposizione subito pronta a tuonare contro le nuove norme. (Continua a leggere dopo la foto)
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La proposta iniziale dell’esecutivo prevedeva l’accesso al concordato biennale limitato soltanto ai contribuenti con un’Isa, indice sintetico di affidabilità fiscale, calcolato dall’Agenzia delle Entrate in base al comportamento dei contribuenti, superiore a 8 (il massimo è 10). Stando agli ultimi dati disponibili, riferiti alle dichiarazioni 2021, i contribuenti interessati agli Isa sono in tutto 2,4 milioni (su 3,7 milioni di partite Iva) e, tra questi, quelli con un Isa pari o superiore a 8 sono il 44,6% del totale, cioè poco più di un milione di persone. (Continua a leggere dopo la foto)
La Commissione Finanze della Camera, tra le varie osservazioni, aveva chiesto al governo di far sì che“l’accesso al concordato preventivo biennale venga esteso, nel rispetto della disciplina relativa agli Isa, a tutti i contribuenti che ne facciano richiesta“. Il responso dell’esecutivo di centrodestra è stato positivo. (Continua a leggere dopo la foto)
C’è anche un paletto alle pretese dell’Agenzia delle Entrate, che dovrà fare al contribuente una proposta di concordato sulle tasse da pagare nel biennio successivo. L’Agenzia, nella proposta, potrà calcolare un eventuale incremento del reddito e alla produzione netta rispetto a quello dell’anno di riferimento preso a base “fino al massimo del 10%, fatta salva la facoltà di una proposta difforme a tale limite motivata e sottoposta a contraddittorio con il contribuente prima di essere formalizzata”.
Immediate le contestazioni da parte del Pd, con la responsabile Lavoro Maria Cecilia Guerra che ha subito commentato: “Essere affidabili darà solo svantaggi: quanto più si è evaso nell’anno di riferimento tanto più ci si guadagna. Avevano promesso che avrebbero ridotto le tasse, ora sappiamo a chi. Qualunque cosa dicano i dati a sua disposizione, e il governo assicura che sono tanti, l’Agenzia non potrà proporre un reddito che si discosti più del 10% dal dichiarato”.
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