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Ursula e l’Ai. Chi ci mette l’energia

Pubblicato il 13/02/2025 08:23

Si fa presto a dire che l’Europa metterà sul tavolo “un piano da 200 miliardi per l’Intelligenza Artificiale”, perché si tratta di una dichiarazione sospesa nel nulla se non si affrontano alcuni nodi essenziali ad essa legati. Su tutti l’approvvigionamento energetico.
Qualcuno a Bruxelles sa quanta energia consumano i data center essenziali per inglobare ed elaborare i dati necessari perché la I.A. generi informazioni? Non credo; a maggior ragione perché proprio sul piano energetico l’Europa procede sulla strada dell’idealismo e non del pragmatismo. Tanto per farvi capire cosa accade nel settore va detto che i top player della I.A. si stanno adoperando per avere delle piccole centrali nucleari in grado di fornire il “carburante” energetico senza stressare troppo sulle reti elettriche. E la Casa Bianca, proprio per legittimare l’America come leader nel settore, non ha avuto remore nel mandare in soffitta i buoni propositi di Biden sulle nuove forme di energia pulita e riavviare piani di trivellazioni e di potenziamento nella produzione di combustibili fossili (mettendosi al passo con la Cina che ha negli ultimi quindici anni fatto dumping energetico e ambientale).


L’Europa non credo che possa reggere il passo di questa rivoluzione visto che insiste con scadenze green incompatibili e insufficienti col surplus di energia richiesto dallo sviluppo del settore high tech. Qui va fatta una considerazione: oltre al pacchetto di investimento da 200 miliardi la Francia ne metterà altri 110 e si è già candidata ad alimentare col “suo” nucleare la quota aggiuntiva di energia, già deficitaria per le imprese europee soprattutto quelle tedesche. Questa mossa spiega l’attivismo di Macron che proprio nel luogo che aprì al Novecento industriale ha voluto organizzare il summit sull’Intelligenza artificiale e il bilaterale con il premier indiano Modi. Un po’ come a dire: saremo noi l’interlocutore vero, per la serie che chi ha i soldi, cioé l’energia, sceglie la musica.


Va inoltre aggiunto il gap tecnologico che separa l’Europa con gli Stati Uniti e la Cina. Del cartello “Eu IA Champions Iniziative” fanno parte big del vecchio mondo quali Boeing o Mercedes e altre grandi aziende come Siemens, Oreal, Mistral e Spotify, il cui appeal è decisamente inferiore rispetto alle OpenAi, Oracle e le realtà di Musk e Thiel.


Non è ancora tutto. C’è da fare i conti con le politiche normative in tema di privacy e tutela dei dati, su cui la Commissione ha imboccato la strada della severità nei controlli (il famoso “codice etico” che il gruppo Meta ha già contestato e minacciato di non firmare, con la conseguenza di lasciare l’Europa) contro le maglie larghe che Trump ha confermato rispetto a quanto già fece Obama negli anni in cui sotto la sua presidenza si concretizzarono le porte girevoli tra Pubblica amministrazione e Google). La rigidità normativa di cui ha parlato il vicepresidente Vance come “un limite dell’Europa” potrebbe davvero essere una gabbia nel momento in cui gli Usa e, manco a dirlo, la Cina garantiscono normative generose. Davvero bastano i (sacrosanti) principi etici europei per imporre una nuova Intelligenza artificiale? Mah…


Ultima annotazione: quanto pesa l’Europa nella produzione di microchip? Quanti brevetti di ultima generazione può mettere in campo? E quale catena di produzione? Ecco, mi sembra che al di là degli annunci non ci sia altro.

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