
Cambia il presidente ma il ritornello dell’associazione nazionale magistrati resta lo stesso: il neo eletto Cesare Parodi, infatti, ha annunciato che “andranno all’incontro con la presidente del Consiglio ma senza cedimenti”.
Cosa vuol dire di preciso “senza cedimenti”? Il presidente sembra spiegarcelo illustrando l’ultima contestazione delle toghe: magistrati in aula con la coccarda tricolore sulla toga fino allo sciopero. Ma anche qui vale la pena domandarsi: embé? Cosa dovrebbe rappresentare questa ostensione del tricolore: che loro sono più italiani degli altri? Che loro sono i veri sovranisti? Che loro sono i nuovi partigiani? Boh, mi sembra un altro modo per tenere alta la tensione con un governo che ha pienamente titolo per riformare una giustizia che non eccelle per prestazioni e efficienza di servizio (e mi tengo basso…).
Giorgia Meloni ha teso la mano invitando al confronto. E il nuovo presidente risponde con una dichiarazioni poco distensiva: a questo punto a che serve il confronto, a che serve un dialogo che parte già male? Serve a poco, tanto lo sciopero sarà l’ennesimo strappo e le modalità con cui si preparano appaiono come legna secca pronta per essere appiccata. Un film visto e rivisto.
Va bene, lo facciano. Ma a maggior ragione il governo e la maggioranza debbono procedere spediti nella riforma generale, perché a questo punto è evidente a tutti che c’è una parte delle toghe che vuole difendere un potere che è un unicum, a cominciare da una intoccabilità (odorante di casta) che non sta scritta da nessuna parte. Lo ripeterò fino alla noia: non può esistere che chi ha il diritto, nell’ambito delle proprie funzioni, di incidere totalmente nelle vite dei cittadini poi non venga minimamente scalfito in caso di errore giudiziario. Non può essere! Né possiamo far finta degli innumerevoli casi di vittime di malagiustizia, i quali nemmeno dopo la fine della loro odissea giudiziaria (per uscire dalla quale hanno dilapidato un patrimonio) trovano pace e serenità. Qui bisognerà prima o poi arrivare alla definizione di una norma che rompa questa sostanziale intoccabilità di chi sbaglia.
Chi lo fa? Toccherebbe alla politica, cioè a chi governa e a chi è maggioranza in parlamento; tuttavia non è per nulla facile quando il potere legislativo e quello esecutivo possono essere azzoppati da inchieste giudiziarie che partono con accuse pesanti e sono accompagnate da titoli di giornali e trasmissioni televisive che danno enfasi a intercettazioni e a pezzi di frase come se fossero di per se stesse prova di colpevolezza. Magari poi ci vorranno anni prima di arrivare a una sentenza, che se è di assoluzione ha ormai compiuto il risultato di destabilizzare. Ecco perché poi si torna a parlare della immunità parlamentare come corazza per giocarsela alla pari. O almeno provarci per non sovrapporre l’indipendenza della magistratura con l’intoccabilità della stessa.