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Un Paese in crisi

Pubblicato il 21/07/2022 11:13

Il Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore, prof. Mario Draghi, non ha ancora rassegnato le dimissioni nonostante l’evidente venir meno del patto di maggioranza al Senato della Repubblica. La questione di fiducia posta sulla risoluzione del senatore Pierferdinando Casini è stata approvata con 95 voti favorevoli, ma con l’astensione del Movimento 5 Stelle e l’uscita dall’aula da parte di Forza Italia e Lega.

Alcune brevi considerazioni: 1) è sorprendente che Draghi non sia recato al Quirinale già nella serata di ieri dal Presidente della Repubblica, decidendo di presentarsi in data odierna alla Camera dei Deputati. Un atteggiamento di arroganza, come evidente in alcuni passaggi della comunicazione a Palazzo Madama, che denota supponenza nei confronti delle Camere rappresentative; 2) la crisi di Governo extra-parlamentare, che presenta caratteristiche sue proprie, è stata aperta dai pentastellati e chiusa dal centro-destra che ha appoggiato dal febbraio 2021 fino ad ora l’Esecutivo Draghi (Forza Italia e Lega) e che, è bene non dimenticarlo, ha sempre sostenuto quasi tutti i provvedimenti governativi; 3) la situazione di instabilità politica ha portato il rendimento decennale dei Btp molto vicino a quello greco a riprova del forte condizionamento dei mercati sulle scelte interne agli Stati membri dell’Unione Europea, in particolare dell’euro zona. Gli ordinamenti statali sono impossibilitati a monetizzare il proprio debito pubblico e, di conseguenza, si trovano costretti ad adottare politiche economiche rigoriste. Del resto, con la privatizzazione del debito gli investitori non erano e non sono più i privati cittadini, ma organizzazioni speculative interessate non al risparmio sicuro, ma all’oscillazione dei titoli; 4) il Paese, a causa della violenza in alcuni casi fisica (si pensi a Trieste) ed in altri verbale di numerosi esponenti di questo Governo, ha subito una profonda spaccatura sociale che va rimarginata attraverso una vera e propria fenomenologia del volto. Per ora registriamo la fine ingloriosa dei peggiori arroganti che l’Italia abbia conosciuto e che non merita, sul piano politico, nè i Draghi, nè i Brunetta, nè i D’Incà, nè le Gelmini (che litigano con le Ronzulli), ne i Di Maio, ma statisti veri che si fanno carico delle generazioni future. Italexit e il suo leader, l’unico degno di questo nome, sono pronti.

Prof. Daniele Trabucco (Responsabile Dipartimento Affari costituzionali Italexit con Paragone).