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Tasse, “per un euro in più puoi perderne 1.100”. Cambiano gli stipendi, ecco come e quanto

Pubblicato il 31/12/2023 19:17

Taglio del Cuneo Fiscale e Irperf: tutto confermato nella nuova Legge di bilancio. Con diversi effetti sugli stipendi a seconda dei guadagni dei singoli lavoratori. Non si tratta di cambiamenti epocali, ma qualcosa si muove. Non senza contraddizioni peraltro, come potremo vedere. Perché c’è anche chi, superando di un solo euro la soglia di guadagno oltre la quale scatta l’aliquota superiore, rischia di vedersi ridurre i benefici per ben 1.100 euro. E’ uno dei paradossi che emergono dopo il voto in Parlamento del 29 dicembre. Il previsto taglio contributivo del 7% sui redditi fino a 25.000 euro e quello del 6% sui redditi fino a 35.000 euro, innanzitutto, non avrà ricadute sugli stipendi, trattandosi della proroga di percentuali già in vigore dal luglio scorso. (continua dopo la foto)
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Invece l’accorpamento dei primi due scaglioni Irpef a un’aliquota del 23% per i redditi fino a 28.000 euro potrebbe portare qualche piccolo vantaggio agli stipendi medio-bassi. Nessun miglioramento invece per i redditi più bassi. Il paradosso di cui parlavamo potrebbe scattare oltre i 35.000 euro. Perché oltre quella soglia di guadagno (lordo) la modalità per fasce farebbe decadere ogni beneficio. Non solo: superare la soglia dei 35.000 anche di un solo euro sarebbe sconveniente. Per quanto riguarda la revisione dell’Irpef, il governo di centrodestra ha riproposto il cosiddetto schema Draghi. Gli scaglioni, precedentemente ridotti da 5 a 4, ora passano a 3. L’aliquota del secondo scaglione (15-28.000 euro) passa al 23% dal 25%. Che è anche l’aliquota per i redditi più bassi sino a 15.000 euro. Fra i 28 e i 35.000 euro, invece, l’aliquota sarà al 35%. Oltre i 50mila si passa al 43%. (continua dopo la foto)

In sintesi, la revisione dell’Irpef interviene sulle detrazioni per un importo di circa 4,3 miliardi di euro. L’incidenza dei benefici sul reddito imponibile è dello 0,9% in corrispondenza delle due soglie di 15.000 euro e 28.000 euro. Oltre invece scende progressivamente, a fronte di un beneficio che rimane costante a 260 euro. Con 50.000 euro l’incidenza del beneficio connesso con la riduzione dell’aliquota è pari a circa lo 0,5% del reddito imponibile, mentre oltre si azzera a causa del taglio sulle detrazioni fiscali. Parlando di numeri effettivi, il beneficio è di 75 euro annui per i redditi da lavoro dipendente tra 8.000 e 15.000 euro; mentre a partire dai 15.000 fino ai 28.000 euro il vantaggio aumenta progressivamente con il reddito fino a un massimo di 260 euro. Per chi invece guadagna meno di 15 mila euro non vi sarà alcun cambiamento rispetto al 2023. (continua dopo la foto)

E’ invece il taglio del cuneo fiscale (cioè la somma delle imposte versate sia dal lavoratore, sia dal datore di lavoro) a creare il paradosso dei 35.000 euro. Abbassando l’onere del costo del lavoro, automaticamente aumentano gli stipendi dei lavoratori. Un bonus di fatto per i lavoratori dipendenti. Il governo ha confermato per il 2024 il taglio del cuneo fiscale del 6% per chi ha un reddito da lavoro dipendente fino a 35 mila euro e del 7% per chi ha un reddito inferiore ai 25 mila euro lordi. Nello sconto non è compresa però la tredicesima. La riduzione dei contributi, che aumenta in proporzione alla retribuzione lorda, raggiunge un massimo di circa 1.600 euro per il limite superiore della prima fascia (20.000 euro) e di cira 1.900 euro in corrispondenza per quello di seconda fascia (35.000 euro). Oltre i 35.000 euro non ci sono benefici.

Il problema è che l’applicazione dello sconto per fasce ha come conseguenza che il superamento anche per un solo euro dei 35.000 euro porta a una riduzione del reddito disponibile di circa 1.100 euro. A denunciare il paradosso è stata la presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio, Lilia Cavallari. Ciò non significa, peraltro, che il reddito crolla di 1.100 euro. Ma che i benefici extra che sarebbero potuti arrivare non ci saranno per un ammontare pari a quella cifra. Altro problema, il modello scelto penalizzerebbe anche le contrattazioni sia nel pubblico, sia nel privato. Riuscire a ottenere in piccolo aumento di retribuzione, potrebbe portare a un aumento nullo sullo stipendio reale. (continua dopo la foto)

Per questo la Cavallari ha spiegato che “nell’eventualità di ulteriori proroghe, il risultato sarebbe un forte disincentivo al lavoro. E si renderebbe più complesso il raggiungimento degli accordi di rinnovo contrattuale”. Anche se la conferma del taglio del cuneo “garantisce un importante supporto ai redditi da lavoro bassi e medi”. Ma la modalità per fasce presenta vantaggi e svantaggi. Quindi, l’intervento non risolverà l’annoso problema dei bassi salari nel nostro Paese. Ma anche così, “la misura più rilevante della manovra (10,7 miliardi di euro) è finanziata temporaneamente in deficit e richiederà nuove coperture strutturali”. Con il rischio che quello che entra da una parte, possa uscire dall’altra a causa di nuovi tagli alla spesa.