Bastava un antibiotico. Bastava un antibiotico, lo ribadiamo, e forse Andrea Purgatori, il grande giornalista scomparso il 19 luglio del 2023 si sarebbe potuto salvare. La notizia, che apre scenari piuttosto inquietanti, foschi quantomeno, giunge a seguito dell’esame della salma ulteriormente svolto da Luigi Marsella e Alessandro Mauriello, una perizia per accertare le reali cause della morte richiesta dalla Procura di Roma, in particolare volta ad accertare la eventuale presenza di metastasi e di una infezione cardiaca. Sicché si evince che le ipotetiche metastasi cerebrali diagnosticate dal professor Gianfranco Gualdi – indagato per omicidio colposo assieme al cardiologo Guido Laudani ad altri due medici della Capitale – fossero, appunto, solo ipotetiche. Nessuno dei medici che nella clinica privata Villa Margherita di Roma ebbe in cura Andrea Purgatori comprese davvero la patologia da cui era affetto. Invece, Purgatori aveva contratto una endocardite, ovvero una infezione delle valvole cardiache (tra i principali effetti avversi da vaccino contro il Covid-19, ma questa è un’altra storia) che conviveva con un tumore ai polmoni. Per curare un’endocardite batterica sarebbe bastata, dunque, una semplice terapia antibiotica. (Continua a leggere dopo la foto)
La perizia che inguaia i medici
Nella perizia, hanno scritto i consulenti del pubblico ministero Giorgio Orano: “Sulla base dei dati clinici, radiologici e della terapia impostata era opportuno valutare altre ipotesi diagnostiche oltre a quella proposta dalla dottoressa Giallonardo di un’embolia conseguente a una fibrillazione atriale”. Si tratta, in realtà, di una parziale conferma: dall’esame della salma, effettuato dal professor Luigi Marsella dell’istituto di medicina legale di Tor Vergata, come avevamo scritto già all’epoca, si evinse che fosse stato “un collasso cardiopolmonare” a uccidere Andrea Purgatori. Dunque, le metastasi al cervello non c’erano e non c’erano mai state, secondo le indiscrezioni pubblicate dal Corriere della sera già il 27 luglio scorso, e i pesantissimi cicli di radioterapia al cervello erano perfettamente inutili, nonché deleteri per un fisico già debilitato. Da chiarire, ora, l’iter sanitario che ha portato all’errata diagnosi delle metastasi al cervello, e a una catena di errori, uno dopo l’altro. La diagnosi di metastasi al cervello avrebbe portato il cardiologo Guido Laudani ad un approccio “non abbastanza severo” nei confronti del paziente. Laudani avrebbe sottovalutato alcuni campanelli d’allarme collegandoli al tumore al cervello – in accordo con la tesi sostenuta dalla relazione dei medici incaricati della perizia – che l’avrebbero dovuto portare ad investigare su eventuali patologie cardiache. Una cura antibiotica, molto probabilmente, lo dicevamo, avrebbe salvato Purgatori: per questo nella perizia viene censurata soprattutto la condotta del cardiologo. (Continua a leggere dopo la foto)
Colpe e omissioni
Si legge ancora nella perizia, ripresa tra gli altri da Huffington Post Italia, che Guido Laudani “ometteva la prescrizione di accertamenti clinici, laboratoristici e strumentali finalizzati alla diagnosi di endocardite infettiva. Tali omissioni risultano a nostro avviso ascrivibili a imperizia e non rispondenti alle buone pratiche cliniche“. Pertanto, “Ringraziamo la Procura perché è stato fatto un accertamento molto approfondito in poco tempo – riferisce l’avvocato Alessandro Gentiloni, che rappresenta la famiglia del giornalista – Per adesso è stata confermata l’ipotesi contenuta nella nostra querela, ovvero che la diagnosi di estese metastasi cerebrali fosse errata e a causa di questa inesatta valutazione non è stato curato per la vera patologia che l’aveva colpito“.
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