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Scandalo Vaticano: così vengono investiti i 700 milioni di euro di offerte e donazioni

Pubblicato il 09/12/2019 14:34

Uno scandalo, quello del lussuoso palazzo acquistato a Londra, che ha scoperchiato il vaso di Pandora, mettendo nel mirino il modo in cui il Vaticano gestisce ogni anno i soldi delle donazioni. Quel prestigioso edificio in Inghilterra è infatti stato comprato con i soldi della Segreteria di Stato che gestisce l’Obolo di San Pietro, le offerte che ogni 29 giugno dal profondo della comunità cattolica salgono fino al Papa. Una cifra che andata calando, passando dai 70-80 milioni del 2013 si è scesi a circa cinquanta milioni. E sulla quale non esiste una rendicontazione complessiva, anche se si parla di circa 700 milioni di euro. Destinati, teoricamente, ai più bisognosi e al mantenimento della macchina vaticana.

A raccontare delle polemiche che hanno investito il Vaticano sono Milena Gabanelli, Mario Gerevini e Fabrizio Massaro attraverso le pagine del Corriere della Sera. A gestire cassa e Obolo, dentro la Segreteria di Stato guidata dal 2013 da Pietro Parolin, è la Sezione Affari Generali, affidata dal 2011 al 2018 a monsignor Giovanni Angelo Becciu, oggi cardinale, e da ottobre del 2018 al venezuelano Edgar Peña Par. Nel 2002, in Angola, Becciu era stato tentato di investire soldi nella compagnia petrolifera di un amico. Operazione rischiosa, sulla quale era intervenuto a consigliare la Segretaria un finanziere italiano semisconosciuto, Raffaele Mincione, con base a Londra. Che propone, di contro, l’acquisto di un palazzo a Londra.

Si tratta di un edificio al numero 60 di Sloane Avenue, già sede di Harrods. Convinti, gli uomini di chiesa avrebbero così affidato duecento milioni al Fondo
Athena, gestito da Mincione, un fondo che ha il Vaticano come unico cliente sotto-scrittore. Secondo il Corriere, a giugno del 2014 il Fondo Athena investe i soldi del Vaticano per comprare il 45% del palazzo, gravato anche da un mutuo di circa 120 milioni con Deutsche Bank. L’altro 55% Mincione lo avrebbe investito in speculazioni di Borsa su Carige, Retelit e Tas. A rovinargli i piani la Brexit, che con la picchiata della sterlina avrebbe fatto perdere soldi al Vaticano. Il cambio di strategia nel 2018, con monsignor Becciu nel frattempo cardinale e sostituito da Peña Parra, che cambia strategia: “Smontare l’investimento nel fondo per prendere tutto il palazzo”. Affidandosi a Gianluigi Torzi, broker molisano trapiantato a Londra e in passato in affari con Mincione.

Complessivamente il Vaticano ha dovuto sborsare a Torzi dieci milioni, sedici milioni a Mincione per la gestione degli investimenti e altri 44 per liquidare il fondo. Due, infine, i milioni per le consulenze. Il tutto senza un euro di guadagno. Sul caso la magistratura indaga per corruzione: sotto inchiesta monsignor Mauro Carlino, il direttore dell’Aif (l’antiriciclaggio) Tommaso di Ruzza e tre dipendenti della Segreteria (Vincenzo Mauriello, Fabrizio Tirabassi e Caterina Sansone). Papa Francesco intanto ha parlato di un progetto di ristrutturazione del palazzo per poi affittarlo e venderlo, spiegando che i soldi dell’Obolo vanno investiti ma anche spesi. Senza, però, trucchi né inganni.

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