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Quella norma del dl Rilancio che riguarda molto da vicino il “suocero” di Conte

Pubblicato il 25/05/2020 16:02 - Aggiornato il 25/05/2020 17:06

A spulciare bene, il decreto Rilancio è una vera miniera di sorprese, non sempre piacevoli, pronte a saltar fuori a ogni riga. Con qualche passaggio che potrebbe scatenare più di qualche fosca associazione nella testa dei malpensanti di turno. Pensare, per esempio, al punto sottolineato in queste ore dal giornalista Nicola Porro: la depenalizzazione per chi gestisce gli alberghi di uno specifico reato, ovvero “quello di essersi intascato la tassa di soggiorno”. Niente di strano, verrebbe da pensare, è giusto in un momento del genere andare incontro agli imprenditori anche su questo fronte. Ma ci sono alcune coincidenze quantomeno “sospette”.

Quella norma del dl Rilancio che riguarda molto da vicino il "suocero" di Conte

Porro sottolinea infatti come “la questione del mancato versamento della tassa di soggiorno da parte di un albergatore al comune di Roma avesse l’anno scorso clamorosamente interessato il ‘suocero’ (il padre della fidanzata Olivia Paladino in realtà) proprio del presidente del Consiglio Giuseppe Conte”. Secondo la procura, infatti, Cesare Paladino avrebbe intascato circa 2 milioni di euro tra il 2014 e il 2018 senza versare nulla all’Erario. Motivo per cui era stato indagato per peculato per poi patteggiare una pena a poco più di un anno.

Quella norma del dl Rilancio che riguarda molto da vicino il "suocero" di Conte

Considerando come proprio in queste ore alcune vicende giudiziarie hanno visto gli avvocati difensori contestare il reato di peculato grazie alla depenalizzazione appena arrivata dal decreto Rilancio, “si può legittimamente pensare che anche per coloro già condannati, come Paladino, possano cessare alcuni effetti laterali della sentenza di patteggiamento”. Le modifiche di cui si parla sono quelle dell’articolo 180 dell’ultimo dl, che sostituisce il carcere per questo tipo di reato con una sanzione amministrativa.

Quella norma del dl Rilancio che riguarda molto da vicino il "suocero" di Conte

Al di là del cattivo pensiero, e fermo restando che non si tratta certo di questione così fondamentale, viene spontaneo chiedersi cosa avrebbero detto gli esponenti del Movimento Cinque Stelle se al centro di una simile vicenda ci fosse stato un qualsiasi parlamentare appartenente a un’altra formazione politica. Anche se, a giudicare dall’esito della vicenda Bonafede, sembra che i tempi in cui i pentastellati tenevano le antenne drizzate alla ricerca di una qualsiasi parvenza di ingiustizia siano ormai più che alle spalle.

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