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L’Italia e 20 anni di tagli alla sanità: ecco quanti posti letto abbiamo (peggio della Grecia)

Pubblicato il 12/11/2020 16:39

In un Pese normale non sarebbe dovuta servire una pandemia come quella del Covid-19 per far gridare allo scandalo per i tagli alla sanità e la mancanza di posti letto. In questi giorni così drammatici, però, ci ritroviamo a fare i conti con questa realtà. E la realtà ci dice che In Italia il numero di posti letto totali è nettamente al di sotto della media dei Paesi Ocse ed è calato del 30% dal 2000 al 2017. Evidenziamo noi: -30% dall’ingresso nell’Euro. Vuol dire che nel nostro Paese i posti letto sono 3,2 ogni mille abitanti, mentre 4,7 in media negli altri Paesi.

Truenumbers.it racconta di come “il record è del Giappone che di posti letto per mille abitanti ne ha 13,1, seguito dalla Corea e dalla Germania, con 8. Sul versante opposto, troviamo Messico (1,4) Cile (2,1) e Svezia (2,3), ma subito dopo Canada e Regno Unito entrambi con 2,5. Per scendere nel dettaglio dei dati italiani ci dobbiamo accontentare di numeri del 2016, ma alcune Regioni importanti non hanno comunicato il dato, questo è il motivo per il quale non è possibile fare un confronto con la media nazionale”. Nel 2016, comunque, il tasso medio dei posti letto negli ospedali in Italia era 2,65.

Il Friuli ha un tasso di posti letto che è addirittura quasi il doppio rispetto alla media nazionale: 5,02 posti letto ogni 1000 abitanti. All’estremo opposto c’è la Calabria che ha appena 1,95 posti letto ogni mille abitanti. I dati si riferiscono al: 2013-2017 (ultimo aggiornamento martedì 17 marzo alle 19) e sono stati presi dal Ministero della Salute. A ciò, va aggiunto che in Italia c’è quello strano fenomeno per cui più crescono le spese militari, più aumentano i tagli alla sanità.

Le forniture mediche dell’Italia dipendono infatti per lo più dall’estero: con quello che produciamo non copriamo neanche il 50 per cento del fabbisogno, per questo importiamo apparecchi elettromedicali per 1,2 miliardi e attrezzature medico-dentistiche per 6,5 miliardi l’anno. Mentre importiamo armamenti per meno di cinquecento milioni. Una scelta di priorità che oggi costa cara. La spesa militare è passata dall’1,25 per cento del Pil fino a raggiungere un picco dell’1,45 per cento.

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