E meno male che soltanto poche settimane fa Beppe Grillo, il padre fondatore del Movimento, tentava di compattare i ranghi del governo giallorosso al grido di “Basta litigare per le poltrone, pensiamo al bene del Paese”. Parole che, a quanto pare, sono rimaste più o meno tali, considerando l’ennesimo braccio di ferro ferrato che sta andando in scena in seno alla neonata maggioranza. Dove Conte, il premier confermato, si trova a districarsi con le nomine dei sottosegretari, partita non facilissima e che evidenzia ancora una volta tutte le anomali di questa alleanza grillini-dem.
Nel Movimento 5 Stelle i rappresentanti delle varie commissioni forniranno una rosa di cinque nomi per ogni ministero, in modo da promuovere coloro che in questi mesi hanno lavorato meglio e dimostrato competenze. La decisione finale spetterà a Luigi Di Maio, ad eccezione di quelli alla presidenza del Consiglio per i quali Conte si è riservato il diritto di scelta. Restano dualismi ancora non risolti, come quello tra Laura Castelli e Stefano Buffagni per il posto di viceministro dell’Economia. Verso la conferma al Viminale invece Carlo Sibilia, mentre un altro sottosegretario all’Interno potrebbe essere Giuseppe Brescia, molto vicino al presidente della Camera, Roberto Fico, elemento che fa ipotizzare una discontinuità rispetto al precedente governo.
Situazione analoga sul fronte Pd, dove il totonomi impazza: Antonio Misiani, ex tesoriere dei Dem, ha molte possibilità di finire al Mef. E viene dato come inamovibile Emanuele Fiano all’Interno. Si muovono anche molte figure femminili alla ricerca di un incarico, da Giuditta Pini che punta alle Politiche Giovanili a Debora Serracchiani, nome forte per il Lavoro. Si lima, si ipotizza, si spostano pedine sullo scacchiere. In uno scenario inedito per la vita del Movimento.
L’alleanza con il Partito Democratico, d’altronde, è anche questo: un’operazione artificiale da costruire con estrema attenzione, un costante braccio di ferro già nella scelta di nomi, cognomi e mansioni. Pena un indebolimento agli occhi degli elettori nei confronti del partner di governo, una dialettica che evidenzia come le differenze tra Zingaretti & co. e il Movimento siano abissali. Con i Cinque Stelle che però, nel momento in cui hanno scelto di tendere la mano ai vecchi rivali, si sono resi disponibili a giocare il loro gioco.
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