x

x

Vai al contenuto

Il vergognoso bluff delle terapie intensive: l’inchiesta choc. E danno la colpa ai no vax…

Pubblicato il 24/01/2022 09:07

Se questa pandemia aveva un solo aspetto positivo era quello legato all’investimento che lo Stato avrebbe dovuto fare in sanità pubblica. Non c’è voluto molto per rendersi conto che se l’Italia ha pagato uno dei prezzi più salati nel mondo in termini di morti e ricoveri è stato sia per l’incompetenza politica che ha gestito l’emergenza (Conte, Speranza e Arcuri in prima battuta, gli altri poi) sia per lo stato in cui versava e versa il nostro sistema sanitario. Si era detto che questa sarebbe stata la grande occasione per tornare ad investirci dopo anni di tagli, e che si sarebbero realizzate tantissime nuove terapie intensive, da nord a sud. Tutto questo si scopre che non è stato fatto, e quindi si è continuato a dire che il tilt del sistema sanitario era dovuto ai no vax, e non ai posti letto che mancano e al personale carente. Il 67% dei soldi stanziati finora non è stato speso. È questo il problema, e la vera emergenza resta quella di politici e funzionari incapaci o peggio. Antonio Fraschilla ha pubblicato un’inchiesta su L’Espresso per fare luce sul grande bluff dei numeri legati a terapie intensive e posti letto: “La Sicilia ha dichiarato oltre 800 posti di intensiva, ma appena arrivata a quota 100 ricoverati Covid-19 intubati ha aperto gli ospedali da campo all’ingresso dei pronto soccorso di Palermo. In Veneto è già stato avviato lo stop agli interventi non urgenti, stesso discorso in Calabria e in molte altre Regioni entrate in giallo subito dopo la prima impennata di ricoveri. I numeri, quelli sulla carta, non tornano e a guardare bene sono fasulli”. (Continua a leggere dopo la foto)

Una scoperta agghiacciante quella de L’Espresso, di cui anche noi avevamo dato notizia qualche tempo fa. Questi numeri fasulli, scrive Fraschilla, “servono solo a consentire alle Regioni di non andare in arancione o rosso superando la soglia del 30 per cento di occupazione delle intensive. Secondo le associazioni degli anestesisti le vere terapie intensive attive oggi sono circa 6.500, circa 1.500 in più rispetto al 2019, prima della pandemia quando erano comunque già insufficienti a gestire l’ordinario. Il resto è un bluff, nonostante dopo anni di tagli le Regioni abbiano avuto a disposizione 1,4 miliardi di euro per potenziare ospedali e quasi 200 milioni di euro solo per incrementare le rianimazioni assumendo infermieri e medici. Ma tra ritardi burocratici, incapacità a fare le gare di appalto e soprattutto assenza cronica di anestesisti formati, poco è cambiato nelle corsie: con i camici bianchi chiamati a fare tripli e doppi turni e a saltare le ferie, perché senza assunzioni a sufficienza il sistema si regge quasi sempre sulle stesse persone di due anni fa”. Intanto, però, si scopre adesso che sono stati contrattualizzati a vario titolo, in gran parte per le Usca e il tracciamento che è stato un fallimento, migliaia di medici per un totale di 46 mila persone che grazie a una norma saranno stabilizzate in ospedali e aziende sanitarie. Ma non andranno a lavorare nelle intensive e nei reparti ospedalieri di emergenza e pneumologia, i più colpiti e messi sotto stress dalla pandemia. (Continua a leggere dopo la foto)

Sulle terapie intensive “la verità è che si è preferito fare quello che molte associazioni di categoria definiscono ormai «il gioco delle tre carte», comunicando all’Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari, i numeri dei posti ‘attivabili’, un giochetto che ricomprende nei dati anche la riconversione all’emergenza Covid-19 di altri reparti che hanno terapie intensive, chiudendo la porta a tutte le altre specialità e sospendendo una miriade di interventi ospedalieri programmati. Secondo l’Agenas, quattordici Regioni hanno già raggiunto l’obiettivo minimo di 14 posti di terapia intensiva ogni 100 mila abitanti, come chiesto dall’Unione europea anche per avere i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (oltre 2 miliardi per il sistema sanitario italiano). Un miracolo, visto che appena due anni fa solo Veneto, Emilia Romagna e Friuli ne avevano più di 10 per 100 mila abitanti. Un miracolo fatto di numeri, ma non di veri posti letto”. Come è possibile? (Continua a leggere dopo la foto)

Nona caso, “la prima Regione a finire in zona gialla in quest’ultima ondata della pandemia è stata proprio il Friuli Venezia Giulia. Qualche giorno fa, grazie a un accesso agli atti fatto dalle associazioni dei parenti delle vittime del Covid-19, è saltato fuori però che solo 5 nuovi posti letto nuovi di terapia intensiva sono stati attivati in due anni: i fondi ricevuti dalla Regione servivano ad aprirne ben 140. In Veneto il governatore Luca Zaia ha ammesso le difficoltà nell’aprire nuove terapie intensive vere, con ulteriore personale medico e in aggiunta a quelle esistenti: formalmente all’Agenas il Veneto ha dichiarato di avere pronti mille posti di intensiva, metà per Covid-19 e metà per tutte le altre specialità. Peccato però che nel frattempo in questi giorni, con una media di circa 230 ricoveri in intensiva per il virus, siano già saltati tutti gli interventi non urgenti con pazienti che erano già stati chiamati per il prericovero a metà dicembre, a esempio per operazioni legate a problemi gravi alla schiena, e che invece sono rimasti in un limbo in attesa che si liberi una sala operatoria”. (Continua a leggere dopo la foto)

Scendendo giù a sud, “la Calabria è andata in crisi appena superata la soglia di cinquanta ricoveri in terapia intensiva. La Corte dei conti nella relazione di fine anno sul bilancio ha sottolineato che non sono stati utilizzati la gran parte dei fondi per l’emergenza Covid-19 e non sono state realizzate le 134 terapie intensive in più, che sarebbero servite ad evitare il caos del sistema ospedaliero in questa ennesima ondata della pandemia. La Sicilia dichiara di avere oltre 800 posti di terapia intensiva attivabili, ma quanti di questi posti sono nuovi e non frutto di riconversione di altri reparti? Prima della pandemia i posti in intensiva erano poco meno di 400, e di certo c’è che in base a un report che ha stilato l’assessorato, in un documento interno circolato negli uffici, dei 571 posti in più finanziati da Stato e Regione a oggi ne sono stati realizzati 97”. La Lombardia fino alla scorsa estate aveva impegnato appena il 10 per cento delle risorse assegnatele per nuove terapie intensive, stesso discorso per Piemonte, Basilicata e Molise. La colpa, però, ricordatelo bene: “È dei non vaccinati!”.

Ti potrebbe interessare anche: “Non li abbiamo”. Paragone chiede i documenti sul vaccino ai minori, la risposta di Aifa è vergognosa