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Non può pagare il suo debito, il giudice glielo cancella: la storica sentenza a Prato

Pubblicato il 13/10/2020 10:11 - Aggiornato il 13/10/2020 10:13

Una sentenza storica, quella arrivata in queste ore da Prato, dove un giudice della sezione Fallimentare del Tribunale Ordinario ha cancellato di fatto 430 mila euro di debito che gravano sulle spalle di un cittadino. Salvandolo, così, dal peso di quella cifra che non era stato in grado di saldare. “Rilevato che l’indebitamento non è riconducibile – si legge nelle motivazioni – a negligenza del debitore, ma piuttosto alla sua volontà di sostenere la società, impiegandosi in prima persona al fine di garantire l’accesso al credito bancario, rilevato che non è stata riscontrata l’esistenza di atti di frode… Dichiara inagibili i crediti non soddisfatti”.

Non può pagare il suo debito, il giudice glielo cancella: la storica sentenza a Prato

Il protagonista di questa storia è un artigiano di 57 anni che ha potuto così, finalmente, ricominciare a vivere. L’uomo lavorava come artigiano per una piccola azienda di termoidraulica specializzata in impiantistica civile. Prima come semplice dipendente, poi socio di minoranza, tentando di aiutare il titolare che, quando nel 2012 aveva visto peggiorare i conti, aveva cercato di far entrare nel capitale della società anche i dipendenti. Alla fine, quando il fallimento si era materializzato all’orizzonte, aveva firmato una fideiussione da 500 mila euro di prestito.

Non può pagare il suo debito, il giudice glielo cancella: la storica sentenza a Prato

I soldi erano arrivati da una banca di Prato e l’uomo aveva fatto da garante, sperando così di salvare la sua azienda e mantenere il lavoro. Gli avvocati, una volta iniziato l’incubo dell’indebitamento, avevano così deciso di fare ricorso alla cosiddetta legge “salva suicidi”, approvata nel 2012 per aiutare le persone schiacciate da somme da pagare troppo ingenti. Il lieto fine, però, è arrivato soltanto alla fine di un lungo e tortuoso percorso, con la banca a chiedere i soldi al dipendente dopo il fallimento dell’azienda.

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All’uomo era stata pignorata metà della casa e una parte dello stipendio. Poi era intervenuto il commercialista Paolo Faini, che si era reso subito conto della particolarità della situazione: una persona che conduceva una vita morigerata, con la fedina penale immacolata, e aveva così inviato un resoconto al giudice nel quale sottolineava il suo spirito “pienamente collaborativo”. Quattro anni dopo, la sentenza: 430 mila euro cancellati, soldi che non dovranno essere mai più pagati. E la possibilità, finalmente, di iniziare una nuova vita, senza pesi sulle spalle.

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