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Né cattivo né irriverente: nel discorso di Farage c’è la rabbia di chi si sente tradito da un’Ue mai dalla parte dei cittadini

Pubblicato il 31/01/2020 15:07 - Aggiornato il 31/01/2020 15:32

Lo hanno definito irriverente, provocatorio. Ma il Nigel Farage che ha pronunciato il suo discorso d’addio all’Europa durante in vista del voto sull’accordo di recesso del Regno Unito, ormai imminente, è semplicemente un leader politico diretto, che ha rivendicato un successo al quale nessuno credeva. E che ha sottolineato, non a caso, in un passaggio: “All’inizio vi prendevate gioco di me, poi nel 2016 avete smesso di ridere”. Insistendo poi a più riprese su un passaggio: “Non siamo contro l’Europa ma contro questa Unione Europea”. Il tutto mentre attorno a lui sventolavano le bandiere del Regno Unito.

Né cattivo né irriverente: nel discorso di Farage c'è la rabbia di chi si sente tradito da un'Ue mai dalla parte dei cittadini

Farage ha parlato di un “esperimento politico durato 47 anni e di cui i britannici non sono mai stati contenti. I miei genitori aderirono a un mercato comune, non a un’unione politica, non a bandiere, inni e presidenti. Adesso volete anche un esercito. Ora siamo al punto di non ritorno: una volta che ce ne saremo andati non torneremo più sui nostri passi, il resto sono dettagli. Ho lavorato qui e mentre lo facevo la mia visione dell’Europa è cambiata. Nel 2005 ho visto la costituzione scritta da Giscard d’Estaing bocciata in un referendum dai francesi e poi dagli olandesi. Le istituzioni hanno ignorato il voto di questi popolo e hanno riportato quei concetti nel trattato di Lisbona. I britannici però, per fortuna, sono troppo grandi per essere presi in giro”.

Né cattivo né irriverente: nel discorso di Farage c'è la rabbia di chi si sente tradito da un'Ue mai dalla parte dei cittadini

“Così – ha proseguito Farage – sono diventato un oppositore del progetto politico europeo: voglio che la Brexit sia discussa in tutta l’Unione. Cosa vogliamo dall’Europa? Se vogliamo commercio, amicizia, collaborazione, reciprocità, non abbiamo bisogno di una Commissione Europea né della Corte di Giustizia Europea. Vi posso promettere che noi amiamo l’Europa, ma detestiamo l’Unione Europea. È semplice. E spero che questo sia l’inizio della fine di questo progetto, un progetto che non è democratico e mette in primo piano persone al potere senza rappresentatività, persone che non possono rappresentare gli elettori in una struttura inaccettabile”.

“Quella che è in atto – è stata la conclusione di Farage – è una battaglia storica in Europa, America e altrove: è il globalismo contro il populismo. E magari disprezzate pure il populismo, ma ironia della sorte sta diventando molto popolare. E presenta grossi vantaggi: basta con i tributi europei, basta con la Corte di Giustizia, basta con il farci dire dall’alto in basso cosa dobbiamo fare. Basta con il bullismo! Volete vietare le bandiere nazionali ma non le sventoliamo per dirvi Ciao Ciao. E non vediamo l’ora di lavorare con voi in futuro da sovrani”. Un discorso che ha racchiuso in pochi, semplici passaggi il senso della lotta all’Ue che tanti movimenti stanno portando avanti in tutto il mondo: una sfida non all’idea in sé di Europa, ma a un’Unione profondamente ingiusta che favorisce le differenze invece di ridurle, mai schierata dalla parte dei cittadini.

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