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Ma Prodi parla ancora?

Pubblicato il 20/12/2024 16:58

Romano Prodi è tornato, anche se gioca a nascondino. Ha scritto un libro con Massimo Giannini, campione nella disciplina anti-Meloni, dal titolo: “Il dovere della speranza”. Discutono di guerra, di disordine mondiale e della crisi dell’Europa, tema – quest’ultimo – per cui basterebbe una frase al fine di chiudere la discussione: ma parli tu, Romano?


Infatti mi domando come faccia il papà dell’Ulivo a parlare ancora di Europa e accostargli la parola “speranza”, che per quanto si scriva con la minuscola fa venire l’orticaria. Romano Prodi è passato alla storia per una frase che è una delle didascalie del fallimento dell’Europa: “Grazie all’euro lavoreremo un giorno di meno e guadagneremo come se avessimo lavorato un giorno di più”. Una sciagura. Altro che il dovere della speranza. Le cose per i lavoratori italiani si sono messe male proprio con l’euro; e il risparmio degli italiani è stato eroso per colpa delle maledette regole che Prodi accettò perché aveva la smania di non perdere il treno della moneta unica. Per stare nel club che contava (?) gli italiani hanno pagato un conto salatissimo sia per quel che abbiamo scritto poc’anzi, sia per quelle liberalizzazioni e privatizzazioni avviate sul Britannia da Draghi, allora dirigente apicale del Tesoro. Per quella accelerazione forzosa abbiamo cominciato a svendere asset importanti, gioielli di famiglia: dovevamo fare cassa per far fronte a un debito pubblico, che da allora ha continuato a crescere nelle mani della peggior finanza predatoria.


A proposito di liberalizzazioni, il suo pupillo Enrico Letta arrivato a Palazzo Chigi compì una liberalizzazione dell’energia che nemmeno a Bruxelles immaginavano così generosa, col risultato di indebolire Eni e gli altri campioni nel settore energetico e rafforzare i colossi russi. Sentire pertanto Romano Prodi parlare di una Meloni “obbediente” e accondiscende col potere fa semplicemente ridere.
La verità è che lor signori avevano scommesso su scenari ben diversi: con il governo della destra, l’Italia sarebbe rimasta fuori dalle partite pesanti e in perenne fuorigioco in politica estera. Invece, Giorgia Meloni è alla guida di un governo stabile nei consensi (non si è mai visto un esecutivo, un premier e la principale forza di maggioranza che tengono saldi consenso e gradimento dopo oltre due anni di governo!) e playmaker in Europa. Laddove, di contro, i governi considerati amici o affidabili – vedi Germania e Francia – sono i caduti o ballano sul Titanic.


Il Professore vive di ricordi e spera di rianimare il campo progressista con letture che di oggettivo non hanno nulla; restano piuttosto nel campo della propaganda tanto che il megafono lo regge quel Massimo Giannini cui non restano letture fanatiche e distorte delle cose. Per carità, è perfettamente lecito ma non pretendano di predicare “la” verità.
Prodi nega di essere o voler fare il burattinaio: “Non sono il regista di nulla” continua a sostenere. Suvvia, prof, un minimo di onestà intellettuale: non c’è nulla di male a voler creare un qualcosa di politico. Ma basta col giochetto di tirare il sasso e nascondere la mano. Il cantiere è stato appena avviato e dopo Ruffini arriveranno altri selezionati giocatori: Massimo Giannini sarà tra loro. Un po’ come accadde con Lilli Gruber o col compianto David Sassoli. Ovviamente l’interessato negherà ma sarà il tempo a svelare il disegno.

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