Durante un’intervista rilasciata a Libero, Nicola Porro, noto conduttore televisivo e giornalista, ha detto la sua riguardo la disaffezione dell’opinione pubblica rispetto alle notizie sulla guerra in Ucraina, facendo un’analisi sulle dinamiche riguardanti il modus operandi dell’informazione su tematiche ben precise.
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L’opinione pubblica è stanca della guerra
Da popolare opinion leader nel mondo dei social quale è, Nicola Porro conosce bene le dinamiche che definiscono l’attenzione dell’opinione pubblica italiana: «Ieri mattina ho aperto la mia rassegna proprio con la vostra testata perché sono già diversi giorni che ravviso un progressivo senso di disaffezione (sul conflitto Russia-Ucraina ndr)», dice il Porro al giornalista. Ma da cosa deriva tale distacco?
«Credo che sia finita l’atmosfera della polarizzazione che ha caratterizzato l’inizio della guerra. Ora è come se col passare delle settimane le persone stiano iniziando a pensare che ci sia innegabilmente un colpevole da una parte, e cioè Putin, ma che dall’altra non ci sia propriamente un supereroe, Zelensky. È come se questo abbia prodotto un disorientamento e quindi anche una sorta di distacco».
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Le dinamiche dell’informazione
Ad una domanda riguardante la “timidezza” dei partiti politici sulla questione, il conduttore risponde che: «No, credo che la politica non c’entri granché. Prendendo in esame la pandemia, il processo comunicativo che l’ha circondata si basava sulla paura, sulle affermazioni e sulle negazioni. È come se questo meccanismo non funzioni con la guerra. O quantomeno non così a lungo». Situazioni diverse, certo, che presentano differenze comunicative ben definite: «I media di massa hanno una sorta di potere isolante che deriva dall’abitudine. Quando l’audience si abitua ad un tema, bisogna passare oltre. Per quanto grave e drammatica essa sia non c’è una cosa capace di occupare i media per 100 giorni con gli stessi risultati. Pensi al processo tra Johnny Depp e Amber Heard…». Secondo Porro, infatti, «L’attenzione del pubblico rimane alta per qualche giorno. In alcuni casi poche ore. Poi basta»
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Il covid è stato un laboratorio comunicativo
Un’osservazione nasce spontanea visto che, nonostante quanto asserito (giustamente) dal conduttore, il Covid è riuscito a tenere banco per ben 2 anni e con campagne quotidiane martellanti. Secondo Porro «È stato un laboratorio straordinario, ma caratterizzato da due fattori peculiari che la guerra in Ucraina non ha». Il primo: «La pandemia è entrata nelle case delle persone, mentre la guerra pur essendo nel cuore dell’Europa la sentiamo lontana. Un vero e tangibile sentimento di paura generale e diffuso in questo caso non c’è». Il secondo: «La pandemia, rispetto a moltissimi altri temi, aveva il potere di riazzerarsi. Il Covid e le sue conseguenze avevano un risvolto immediato e continuo sulla nostra vita quotidiana, ma soprattutto il flusso di temi era sempre nuovo e sempre diverso. Ogni giorno bisognava fare i conti con i lockdown, con le curve dei contagi, con le persone che si ammalavano. Poi sono arrivati i mille decreti amministrativi diversi. Poi ancora i vaccini, le nuove varianti, il green pass. Tutto questo ha reso la pandemia non un fenomeno singolo ma caratterizzato da mille aspetti sempre nuovi e pervasivi allo stesso modo».
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Troppa informazione?
Sul modo di coprire il conflitto da parte di giornali, radio e tv e sul fatto che questa maniera di operare abbia prodotto una sorta di crisi di rigetto nell’opinione pubblica, la quale sta progressivamente perdendo fiducia nei mezzi di comunicazione, Porro pensa che: «No, sono convinto che non abbiamo affatto esagerato. Il meccanismo di informazione specie nell’era di internet è sempre questo: una mole di notizie abnorme, anche urlata magari, soprattutto all’inizio, e basata sul trend del giorno. Sulla guerra l’informazione di massa si è avventata come una fiera su un animale morente. L’abbiamo sviscerata e spolpata in tutti i modi e ora resta solo la carcassa».
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I prossimi temi
Dunque, il conduttore crede che il tema della guerra sia arrivato al suo capolinea: «Io credo che l’informazione sulla guerra sia finita. Dopo aver visto i morti, i bombardamenti, le distruzioni, città spazzate via come Mariupol, cos’ altro possiamo mostrare? Dovrebbe succedere qualcosa di traumatico per noi come l’entrata in guerra dell’Occidente. E nessuno se lo augura». In ultimo, Porro chiude l’intervista lanciando la sua personale anticipazione su quali temi sostituiranno la guerra nel prossimo futuro: «Io già da settimane mi sto concentrando sulla giustizia e sul referendum, per un motivo semplice: perché, vergognosamente, non se ne sta parlando, e infatti noi stiamo registrando ottimi risultati in termini di ascolti. Nel mondo dell’informazione ogni spazio vuoto deve essere riempito e le persone lo apprezzano».
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