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In Europa c’è tutto tranne un’identità

Pubblicato il 18/12/2022 15:40

In Europa tutto c’è tranne una identità – di Gianluigi Paragone

Ma di preciso perché dovremmo sentirci europei?
Passa il tempo, tanto, e l’Europa è drogata di retorica, tanta. Forse troppa. Perché alla fine, se ci fermassimo un secondo a pensarci bene, non c’è una idea comune per cui dovremmo sentirci europei. Altro che siamo tutti europei.
Nessuno può dirsi europeo perché non esiste una idea di Europa, non esiste una identità europea più forte delle identità nazionali. Le quali resistono perché, nonostante tutto, ci si sente più italiani, più francesi, più tedeschi, più greci, più spagnoli e via dicendo. A maggior ragione perché non è facile trovare i nuovi equilibri con l’aumento dei flussi migratori. I quali non vengono governati dall’Europa proprio perché sono funzionali alla destrutturazione delle identità nazionali in favore di un popolo europeo dove tutto si mischia.
Essere europei è una idea spinta artificialmente dall’alto perché così dev’essere: dobbiamo essere europeisti perché dobbiamo fare l’Europa. E se l’Europa entra in crisi ecco pronte le risposte del manuale: questa Europa non va bene, dobbiamo costruire un’altra Europa; i limiti dell’Europa sono colpa degli Stati che non vogliono cedere la loro sovranità; ci vuole più Europa; ormai non possiamo uscire perché non converrebbe… Insomma, tanta fuffa per riempire un vuoto identitario.
L’Europa non ha identità, non ha un’anima, non ha una Costituzione. L’Europa non potrà mai replicare quel “E pluribus unum” preso dagli americani in omaggio al grande impero romano, perché non c’è l’idea di quell’unum che caratterizza una Nazione. L’Europa non è una nazione. Perché, e torniamo al punto, non ha un popolo che ne addensi lo spirito. L’Europa è un progetto corrotto culturalmente, in quanto edificio costruito prepotentemente. Tant’è che la sua moneta, l’euro, fu il bypass per superare ciò che la politica non riusciva a comporre.


I casi di corruzione di cui oggi si parla tanto sono il frutto avvelenato di questa pianta tossica. Ci si può indignare – ed è giusto che lo si faccia – ma siffatta corruzione non può stupire. Il Qatargate esce perché volevano farlo uscire, perché dovevano… regolare dei conti. Ma l’edificio europeo è la casa matta perfetta per i giochi di potere internazionali. Se all’interno dell’Europa ci sono paradisi fiscali legalizzati e nessuno scandalo (prendo a esempio quello che coinvolse il Lussemburgo e l’allora suo presidente Jean-Claude Juncker) serve per raddrizzare l’edificio, perché stupirsi del giro di mazzette? Indignano i sacchi di soldi trovati a casa di Panzeri e della Kaili? Allora dovremmo indignarci di più se la presidente della Commissione europea, Ursula Von Der Leyen, non garantisce la piena trasparenza di uno dei più colossali business degli ultimi mesi: quello sui vaccini. Che democrazia matura è quella che si “beve” la risposta della Presidentessa sullo scambio di sms tra lei e l’ad di Pfizer, Albert Bourla: .
E che dire dell’azione dei lobbisti che girano nel gigantesco business dell’alimentazione (e noi italiani, campioni di eccellenze agroalimentari, dovremmo incazzarci più di tutti al mondo invece deridiamo la sacrosanta decisione del governo di denominare il ministero dell’agricoltura aggiungendo “e della sovranità alimentare”): non è teso a farci smarrire la nostra identità e inventare un melting pot di cibi sintetici, chimici, industriali o tossici? Quanti miliardi ballano? Tra brevetti e produzione… E vogliamo parlare del grande business delle auto elettriche incentivato dal Pnrr (e tanti saluti ai nostri distretti della motor valley)? E tralascio l’economia che gira su armi o big data.
L’Europa nata senza popolo, senza identità, sta lavorando per costruire una nuova identità e un nuovo popolo: un nuovo talmente moderno che è un “nuovo vuoto”.

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