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Il tetto agli stipendi sì, ma così restano gli scarsi

Pubblicato il 22/10/2024 15:26

Il conto della crisi sul tavolo delle banche, delle assicurazioni e dei manager: il governo – lo avevamo scritto fin da subito – ha deciso di coprirsi rispetto all’opinione pubblica e di dare un segnale pop. Una mossa azzeccata se si pensa che i soldi son quelli che sono e se non si vuole rompere lo schema rigorista dell’Europa.


Come più volte ripetuto negli ultimi giorni dal ministro Giorgetti, il nuovo tetto di 160 mila euro pensato per gli amministratori e i dirigenti della Pa è parametrato “all’indennità del presidente del Consiglio dei ministri, circa 80 mila euro netti l’anno, 6.700 al mese”. Come a dire: se il capo del governo prende questa cifra, non può essere che i manager pubblici prendano di più. Prima della decisione attuale, infatti, il limite era di 240 mila euro in linea con l’indennità del presidente della Repubblica.


Ora, perché mai amministratori e dirigenti della Pa dovrebbero stare sulla stessa riga del capo dello Stato e non del capo di governo? Insomma la decisione del governo è lineare. E soprattutto popolare. Piace e piacerà, tanto che, c’è da giurarci, sarà una delle carte che nei talk la maggioranza calerà per dimostrare quanto questo esecutivo sia vicino al popolo, ai ceti produttivi, alla piccola impresa. Nei momenti di difficoltà – è il messaggio – nessuno deve sentirsi più privilegiato. Di più: chi, come le banche e le assicurazioni, ha ottenuto più profitti nel tempo delle crisi dovrà contribuire a favore dei servizi essenziali; non è un caso che i tre miliardi chiesti alle banche atterreranno sulla sanità, materia che scatenerà tensioni notevolissime.


La nuova regola non varrà per le società quotate e chi emette strumenti finanziari quotati, del resto con un tetto così basso il mercato lascerebbe ben pochi curricula a disposizione. E veniamo così al punto. Ha ragione il ministro Giorgetti quando afferma che se non si vuole stare nella nuova regola del tetto basta non chiedere sovvenzioni pubbliche e affrontare il mercato a mani nude, ma è poco convincente quando fa la morale sul “buon uso del denaro pubblico” e “sull’adozione di alcune regole elementari di buona finanza” perché la morale non sai mai che piega prende: da sinistra ti potrebbero chiedere perché il governo dà ancora soldi al Cnel, da destra ti potrebbero chiedere perché la Rai paga 300 mila euro un conduttore che non arriva nemmeno l’uno per cento, da sopra ti potrebbero chiedere delle svariate consulenze di Lollobrigida o di Giuli, e da sotto ti potrebbero dei parenti assunti. Insomma, meglio non fare troppo i moralizzatori.


Ripeto, il tetto in sé è giusto e pone un tema gigantesco che il neoliberismo non si è mai posto: lo sproposito guadagnato da manager di grandi gruppi, talvolta al netto dei risultati e comunque sempre sproporzionato rispetto ai corpi sottostanti. A Giorgetti potremmo consigliare, come incentivo a fare meglio, di migliorare il tetto con bonus legati al raggiungimento di certi risultati, dai migliori guadagni della società alla soddisfazione del consumatore. Ci pensi.

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