x

x

Vai al contenuto

Il Sud tradito dai 5 Stelle ora è fuori dalla mappa di Draghi

Pubblicato il 15/02/2021 19:17

di Gianluigi Paragone.

Dov’è finito il Sud? La domanda rimbalza dopo la lettura delle carte d’identità dei ministri del governo Draghi. Il Sud è scomparso da anni, non da oggi. Oggi possiamo dire che la sua (ex) forza di riferimento, ovvero il Movimento Cinquestelle, lo ha svenduto un po’ di più tradendolo nelle sue migliori energie, dando così l’impressione – e non era vero – che il Sud avesse votato i grillini per il solo reddito di cittadanza. No, la speranza era di un riscatto ben più solido. Ma, appunto, il Movimento non ha fatto nulla per il Sud (il tradimento su Taranto è il tradimento più grosso così come su Tap, un gasdotto che nel gioco tra South Stream e North Sream è poco più di nulla) e per le isole che tanti voti avevano consegnato al M5S. Il Sud è fuori dalla mappa del governo italiano ma lo è ancor più dalla bussola dell’Europa germanica che da sempre non vuole un baricentro sul Mediterraneo se non sotto il suo stretto controllo.

E’ dunque un governo nordista? Apparentemente. Il Nord viene spesso raccontato a distanza: il nord produttivo (quello fuori dal regno Agnelli-centrico) arranca per via di una Europa tarata sull’industria tedesca, che ha una “sua” moneta – l’euro – che la rende padrona delle filiere sottostanti. Il lombardo-veneto agganciato alla Germania sarà progressivamente indebolito e costretto ad accettare le nuove regole negoziali, perché o è così o pezzi di produzione si sposteranno sempre più verso l’est, Polonia in testa.

Ma sganciarsi dall’euro non è per niente nell’orizzonte del pensiero unico. Il governo Draghi/Mattarella si divide infatti nei due blocchi dei suoi kingmaker: Draghi guida il suo gabinetto tecnico ed eurofanatico, Mattarella asseconda gli appetiti e gli istinti di partiti sull’orlo di una crisi di nervi. Il gabinetto Draghi è il team di tecnici cui spetterà il compito di completare il disegno di Bruxelles, fare le riforme col pilota automatico, indebitare ulteriormente l’Italia con gli strumenti finanziari del Recovery/Mes (mentre altrove agiscono le banche centrali che monetizzeranno il debito pubblico creato da loro stesse; cosa che invece la Bce non può fare per statuto), spenderli in economie straniere (la filiera dell’elettrico è in Germania) e infine rispettare il sacro principio del rientro, pena la ristrutturazione del debito. Daniele Franco, Roberto Garofoli, Andrea Rivera e Giancarlo Giorgetti sono l’architrave tecnico e politico del karma draghiano. Daniele Franco viene descritto come la diga di Bruxelles a difesa dell’austerità, del pareggio di bilancio e del rigore; arriva direttamente dalla sala macchine di Bankitalia e dalla Ragioneria generale dello Stato. Insomma, un pretoriano del dogma di Maastricht, altro che Keynes e Federico Caffè. Giorgetti parla la stessa lingua di Draghi, è sempre stato il freno alle spinte antisistema di Salvini e non è un caso che Giorgetti abbia trattato direttamente con Draghi al punto di portarsi nel governo Garavaglia. Ci sarebbero i due tecnici Giovannini e Cingolani, il primo inspiegabilmente alle Infrastrutture e il secondo a guidare una Transizione ecologica, il ministero fuffa di cui avremo modo di parlare in seguito. Cingolani e Colao (innovazione tecnologica) si pesteranno i piedi in una gara a chi accelererà la corsa verso lo smart working al 100 per cento.

Veniamo ora al gabinetto Mattarella, cioè tutto quel poltronificio vario che mischia tecnici e trombati, tromboni e fatine. Mattarella ha costruito la sua tela partitica, lo ha fatto al posto di Draghi, parlando con Di Maio e Franceschini, con Gianni Letta e il solito Giorgetti. Il risultato di questo puzzle è l’imbarazzante squadra che ha giurato nelle sue mani. Mattarella avrà la responsabilità di una squadra di poltronari, dove un ingegnere di Trieste va al delicato ministero dell’Agricoltura; dove Orlando (uno che fatica a sudare persino in sauna) va al Lavoro; dove il solito Brunetta torna sul luogo del delitto; dove Guerini e la Lamorgese saranno pronti a sguinzagliare i soldati contro chi si ribellerà. E dove un incommentabile Speranza ci chiuderà in casa tra un mese visto che l’incapacità a gestire l’emergenza Covid non si sana perché Draghi fa il premier.

Insomma, mercoledì e giovedì questo dream team alle vongole si presenterà in parlamento. Doveva essere amore (non per me ovviamente) invece sarà un calesse mezzo scassato. Povera Italia, poveri italiani.