Sulla bontà delle intuizioni dell’ex ministro della Cultura Dario Franceschini i dubbi sono diventati, col passare del tempo, sempre più legittimi. Basta pensare, per esempio, al portale Verybello.it, che nelle intenzioni dell’esponente del Pd avrebbe dovuto favorire il rilancio del turismo internazionale e che invece è naufragato clamorosamente nel nulla. Non troppo migliori sono state le sorti della “Netflix della cultura italiana”, altro progetto presentato in pompa magna e però, numeri alla mano, tutt’altro che vincente. Anzi.
Come raccontato da Luciano Capone sulle pagine del Foglio, i sospetti che l’idea non fosse delle migliori sono stati confermati dall’avvicendarsi di tre amministratori delegati diversi in un solo anno. Uno scetticismo confermato ora dal bilancio 2021: ITsArt, la Netflix italiana lanciata da Franceschini e controllata da Cassa Depositi e Prestiti e Chili, ha perso quasi 7,5 milioni di euro, prosciugando quasi del tutto la riserva di 9,8 milioni finanziata dal decreto Rilancio e versata da Cdp a seguito di una convenzione con il ministero dei Beni Culturali.
All’epoca della presentazione del progetto, Franceschini aveva parlato di “una piattaforma digitale pubblica a pagamento che possa mostrare a tutta Italia e a tutto il mondo l’offerta culturale del nostro Paese”. Si trattava, secondo l’allora ministro, di “proiettare nel futuro” lo spettacolo italiano, rendendo disponibili contenuti come musica, teatro, danza e arti circensi a tutto il mondo. La società ITsArt era nata alla fine da una partnership tra Cdp (al 51%) e Chili (al 49%), con il pubblico a versare i soldi e il socio privato a mettere a disposizione la piattaforma digitale.
I risultati, però, sono stati impietosi: a costi di produzione di circa 7,7 milioni di euro hanno fatto seguito ricavi miseri, fermi a quota 245 mila euro. Ufficialmente la società ha dichiarato di poter andare avanti: “Il presidente sottolinea come tale perdita appaia compatibile con la fase di start-up che ha caratterizzato il primo anno di esercizio”. Con questi conti sarà però difficile trovare investitori o finanziatori sul mercato. Con il rischio che sia ancora una volta il governo, in futuro, a dover versare soldi preziosi.
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