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Il “made in Italy” torna a casa. La pandemia ha accelerato il processo. Ora tocca alla politica

Pubblicato il 10/08/2020 14:18 - Aggiornato il 10/08/2020 15:33

La pandemia, tra gli altri fenomeni a catena che ha innescato, ha portato a un’accelerazione di quello che viene definito reshoring: il rimpatrio delle imprese. 

Difficile stabilire se ciò che stiamo vivendo sia un processo di “superamento della globalizzazione” o ne sia una “riattualizzazione”.

Fatto sta che appare sempre più nitida “la tendenza delle imprese italiane di ‘ritornare a casa’. I fattori che contribuiscono a questa progressiva marcia indietro possono essere: la logistica, i costi elevati di trasporti e procedure, le difficoltà di approvvigionamento. L’argomento viene affrontato e trattato nel rapporto “Reshoring manufatturiero ai tempi del Covid-19, trend e scenari per il sistema economico italiano” elaborato da Paolo Barbieri dell’Università di Bologna, Albachiara Boffelli dell’Università di Bergamo, Stefano Elia del Politecnico di Milano, Luciano Fratocchi dell’Università dell’Aquila, Matteo Karlchschmidt dell’Università di Bergamo. 

Sono già 175 le decisioni di reshoring registrate negli ultimi anni e, secondo gli economisti che redigono il rapporto, il fenomeno è anche in “evidente accelerazione”. Elia del Politecnico esalta ciò e lo definisce come “una opportunità unica” che il nostro Paese deve cogliere attuando “politiche volte a favorire il rientro delle nostre imprese e ad accogliere quelle di altri Paesi che decidono di ricollocarsi”. 

Joseph Stiglitz, Nobel per l’Economia, ha scritto un libro dal titolo “La globalizzazione e i suoi oppositori” attraverso il quale ha denunuciato “il gioco sporco”, “le carte sempre truccate a favore di qualcuno e a sfavore di altri”.

L’Italia rispetto ad altri all’interno dell’Ue è indietro. Il nostro Governo filo-europeista non si accorge che mentre gli altri Stati predicano apertura e l’importanza del mercato unico, incentivano il rientro in patria delle attività. La Francia ad esempio mette a disposizione “numerosi incentivi fiscali”. L’Italia non solo non possiede “vere e proprie” politiche pro-reshoring, ma si caratterizza anche per la presenza di diversi fattori che scoraggiano il rientro delle imprese. Tra questi vi sarebbero: l’elevata pressione fiscale, la burocrazia, l’inefficienza giudiziaria e gli alti costi dell’energia (abbiamo visto, dagli ultimi dati che fornisce l’Osservatorio energia 2020 della Cna, che le PMi italiane sono quelle a pagare la bolletta di luce più cara in Europa).