Questo governo s’ha da salvare. A costo di un piccolo rimpasto, di un allargamento, di accordi, inciucini e inciucioni. Qualsiasi cosa va fatta pur di blindare la legislatura e portarla, con estrema fatica, al suo termine naturale, evitando il rischio di un tracollo anticipato. Un punto sul quale era stato chiarissimo, prima ancora del passaggio di Giuseppe Conte alle Camere, il fondatore del Movimento Cinque Stelle Beppe Grillo, passato dal “vaffa a tutti” al “vaffa a nessuno”: “Facciamo un governissimo con tutti dentro”, nessuno escluso. Perché il fine di questo esecutivo non è altro che la sopravvivenza, pazienza se nel frattempo un popolo intero attende misure incisive per contastare la crisi economica.
La linea, insomma, è stata dettata sin da subito. E rafforzata subito dopo il voto del Senato, dove Conte è sì riuscito a salvare l’osso del collo, ma senza ottenere la maggioranza assoluta. 156 voti sì non sono certo un gran tesoro, e così la priorità è diventata rimpolpare quei numeri così avvilenti. A qualsiasi costo. Occhi puntati, innanzitutto, sull’Udc e su Forza Italia, i partiti dai quali, insieme a qualche pentito di Italia Viva, si sperano di ottenere preziosi rinforzi. Con un problemino, sul primo fronte, di natura giudiziaria: nell’ambito di un’operazione anti-‘ndrangheta il segretario nazionale Lorenzo Cesa, indagato, si è dimesso. Arricchendo così la già folta lista di problemi da risolvere per il premier.
Con ancor più brama si guarda in casa Berlusconi. Alla chiamata di Conte, Forza Italia ha già risposto con qualche sorpresa che ha mandato su tutte le furie gli alleati Salvini-Meloni: Polverini alla Camera prima, Andrea Causin e Maria Rosaria Rossi al Senato poi hanno votato “sì” al premier, lanciando un segnale evidente di apertura da parte del Cavaliere. Ma come, verrebbe da chiedersi, non era forse proprio Berlusconi il simbolo per eccellenza della politica marcia, da spazzare via, sbandierato un tempo dai Cinque Stelle nelle piazze? Sì, e infatti gli ultimi mohicani, l’ala più rigorista di un Movimento che ha da tempo rinnegato sé stesso, storce fortemente il naso all’idea di continuare a governare con forzisti, esponenti dell’Udc e qualche fuggiasco di Italia Viva. Aprendo così l’ennesima spaccatura tra i pentastellati.
I vertici, Di Maio e Grillo in testa, sono però chiari sul punto: il tempo dell’etica e della morale è tramontato da un pezzo, ora è il momento di pensare alla poltrona e come salvarla. A costo di stringere un patto con l’ennesimo, vecchio nemico, dopo l’accordo col Pd. Chi non si adegua è messo sin da subito in minoranza, con la porta chiusa in faccia e un esplicito invito a rientrare il prima possibile nei ranghi, senza creare ulteriori problemi. Non esiste niente di più sacro della poltrona. Ed è bene che tutti lo abbiano ben chiaro in testa.
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