Se non è morta, la stanno chiamando a morire. “Il governo avrebbe fatto prima a dirci: chiudete le imprese”, dichiara Gianfranco Vissani, il cuoco stellato Michelin, riferendosi a quanto stabilito dal premier per il contenimento dei contagi e che, stanco della situazione, si appella a Sergio Mattarella.
Diciamolo e ripetiamolo chiaramente: con le nuove misure del Dpcm si è dato il colpo di grazia al vasto mondo della ristorazione che “vale un quinto del Pil nazionale”. Saranno spazzati via “i due terzi della ristorazione, dei bar, dei pub, delle pasticcerie”, riferisce la Verità. Con la chiusura delle attività alle 24, con l’impedimento delle cerimonie o feste con più di 30 persone, con la somministrazione di alcolici fino alle ore 21, con il divieto di sostare davanti ai locali, la situazione per le attività che già dal primo lockdown cercavano di sopravvivere adesso diventerà ancora più tragica. Tutte le restrizioni imposte saranno a fronte di zero aiuti. Abbiamo già visto quanto sia stato utile il Bonus vacanze per il settore del turismo.
Le stime date da Confsercenti non sono per nulla rassicuranti: “Da qui alla fine dell’anno saranno 90mila le imprese che chiuderanno”. Sono previste 250 milioni di euro di perdite al mese per i soli bar. Matteo Musacci, vice-presidente della Fipe-Confcommercio pensa che Giuseppe Conte stia utilizzando le restrizioni per assolvere se stesso.
Questo pugno allo stomaco dell’Italia si traduce in perdite di “80 miliardi di euro” (per il fisco una trentina di miliardi in meno) e di “1,2 milioni di occupati”, di cui oltre la metà donne. A lamentarsi del poco interesse e rispetto per il settore è anche Torello Latini, uno degli storici ristoranti di Firenze, attraverso il quale è passata tutta la cultura del ‘900: “Firenze è una città morta oramai, abbiamo lavorato un po’ con i clienti toscani e italiani, ma io ho perso il 70% del fatturato. Ho ridotto i coperti da 160 a 100. Se mi tolgono la possibilità di far celebrare qui da Latini i momenti belli della vita delle persone che sto aperto a fare? E piango dopo 110 anni di ristorazione a farmi questa domanda”.