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Il chiodo di Giorgetti sulla bara del sovranismo leghista

Pubblicato il 15/05/2020 17:01 - Aggiornato il 15/05/2020 17:05

di Ludovico Vicino.

C’è poco da fare: quando in Italia si arriva al dunque e si parla di Europa, il cosiddetto “sovranismo” si sgonfia come pallone bucato. Certo, non è una gran novità. Sono anni che le speranze di aprire un concreto dibattito in Parlamento sulla permanenza del nostro Paese nell’UE e nella moneta unica vengono amaramente deluse. Prima il clamoroso dietrofront del M5S, passato dalla campagna #fuoridalleuro al voto di fiducia alla Von der Leyen, poi la tragicomica parabola dei “sovranisti” del centro-destra. Fra una Meloni che in televisione si dichiara “una grande europeista” e un Salvini che dà l’ok a un settennato di Draghi al Quirinale, le aspettative di chi davvero aveva dato fiducia a queste forze politiche per innalzare la bandiera dell’Italexit sono state sepolte.

L’ultimo – l’ennesimo – chiodo sulla bara dell’euroscetticismo leghista l’ha piantato l’altro giorno Giorgetti, in un’intervista al Wall Street Journal. Senza usare mezzi termini, il responsabile esteri del Carroccio ha sentenziato che “la possibilità per l’Italia di uscire dall’euro esiste in teoria, ma non esiste in pratica.” Poco importa quel che era scritto nel programma elettorale del suo partito per le elezioni del 4 marzo 2018, secondo Giorgetti la moneta unica è un dato di natura e non si può far altro che sottostarvi. Infatti – prosegue il vicesegretario della Lega – “il debito pubblico italiano è nelle mani dei suoi detentori che proclamerebbero immediatamente il default dell’Italia.”

Ora, non se ne abbia a male Giorgetti, ma tocca ricordare che, almeno per ora, il default di uno Stato non lo decidono certo i suoi creditori. Inoltre sarebbe opportuno notare anche un’altra cosuccia: gli analisti finanziari, valutando l’andamento delle quotazioni dei CDS (Credit Default Swap) contro la rititolazione del debito italiano, stimano la possibilità di un ritorno del nostro Paese a una valuta nazionale come tutt’altro che remota. È una prospettiva che quindi non esiste soltanto “in teoria” ma che è ben presente anche “in pratica” e che già nel 2018 si attestava oltre il 20% di probabilità secondo il giudizio dei mercati.

A difesa del numero due di via Bellerio, però, va anche detto che il ritorno alla lira e la conseguente rititolazione del debito sono atti sovrani di uno Stato sovrano. Non è certo qualcosa alla portata di una classe politica in tutto e per tutto prona al progetto europeista, men che meno di un vecchio partito che ha deciso di fregiarsi dell’epiteto “sovranista” ma che poi è ridotto a cantare insieme a tutti gli altri la solita nenia altroeuropeista.

C’è bisgno di un’alternativa. E subito. Altrimenti questo coretto stonato diventerà il canto funebre di un’Italia stremata.