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I rimborsi? E chi se li ricorda più. Anche i big 5 Stelle ora sono “morosi”

Pubblicato il 06/08/2020 09:53

Un Movimento che è ormai più simile a un calderone ribollente che a una formazione politica. Segnato dalle lotte per la futura leadership, dalla costante fuga di esponenti alla ricerca di fortune altrove, da un’evidente perdita di identità che ha reso ormai il partito irriconoscibile agli elettori. E ora alle prese anche con un’altra grana, in un momento già delicato: il preoccupante aumento del numero di “morosi”, una lunga lista di parlamentari che da gennaio ha smesso di rimborsare parte della loro indennità. Un passaggio che è da sempre al centro di vibranti polemiche e che ha visto in passato già alcuni onorevoli pentastellati messi alla porta per non aver rispettato gli impegni presi. E che ora si aggiunge però di una spiacevole variabile: la presenza di tanti big nella lista nera.

I rimborsi? E chi se li ricorda più. Anche i big 5 Stelle ora sono "morosi"

Ecco, allora, che scorrendo la lista dei morosi saltano subito agli occhi i nomi di Paola Taverna, di Riccardo Fraccaro, di Carlo Sibilia, di Nicola Morra. C’è anche Manlio Di Stefano, il sottosegretario agli Esteri che in queste ore si è reso protagonista di una clamorosa gaffe spostando magicamente Beirut dal Libano alla Libia, tanto per non farsi mancare nulla. Nessuno degli onorevoli appena elencati ha più restituito le proprie quote a partire dal mese di gennaio. Vero che i giorni in cui i Cinque Stelle facevano dell’onestà e della lotta all’abolizione dei privilegi della casta le loro bandiere sembrano ormai lontanissimi. Ma il quadro è comunque desolante per gli elettori, sempre che ce ne siano ancora.

I rimborsi? E chi se li ricorda più. Anche i big 5 Stelle ora sono "morosi"

Allargando la visione d’insieme, la falla si mostra ancora più grande. Su 296 parlamentari totali, sono ben 79 gli onorevoli grillini indietro con i pagamenti. Luigi Di Maio non rendiconta da aprile, Vito Crimi da maggio. Il ministro dello Sport Vincenzo Spadafora si è fermato a febbraio, così come la titolare del Lavoro Nunzia Catalfo. In ritardo, seppur soltanto di qualche mese, anche Lucia Azzolina, Alfonso Bonafede e Roberto Fico. Poi ci sono i latitanti di lunga e lunghissima data: Marinella Pacifico è morosa addirittura dal giugno 2019, mentre Paolo Nicolò Romano e Giorgio Trizzino hanno smesso di versare rispettivamente a settembre e ottobre 2019. Un record di cui non andare certo troppo orgogliosi.

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La situazione, d’altronde, è chiara a tutti. Con un governo così instabile, tenuto insieme con un po’ di sputo e tanta voglia di rimanere seduti alle poltrone, i rischi di un ritorno al voto sono dietro ogni angolo. Meglio allora iniziare a farsi due conti in tasca e darci un taglio con i rimborsi. Il Movimento, un tempo spietato nell’espellere i ritardatari, oggi non può più permettersi un simile lusso, pena il tracollo a causa di numeri sempre meno confortanti in Aula. E così si è passati alla linea soft: si inviano lettere, si chiede il rispetto degli impegni presi ma di fatto non si passa più dalle minacce ai fatti. Anche perché, in caso contrario, di Cinque Stelle in Parlamento ne rimarrebbero veramente pochi.

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