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Il film sui migranti che la sinistra non vuole farci vedere: “Ecco cosa fanno davvero le Ong”

Pubblicato il 30/11/2022 09:26 - Aggiornato il 30/11/2022 09:47

Un film che sta facendo discutere e parecchio, L’Urlo di Michelangelo Severgnini. Presentato al Festival dei Diritti Umani di Napoli, è stato subito boicottato dalle Ong che hanno accusato il regista di distorcere la realtà, con alcuni contestatori intervenuti anche durante la kermesse per interrompere la proiezione. Il motivo? La pellicola riporta le testimonianze di tanti africani ingannati dalle Ong e finiti nella rete di malavitosi. Il regista ha realizzato il docu-film sulla base del suo libro, omonimo: “L’Urlo, schiavi in cambio di petrolio (editore L’Antidiplomatico, 350 pagine, 24 euro)”. Spiegando che spesso i migranti trascinati in Libia dalla mafia africana in realtà non vorrebbero nemmeno salire su quei barconi. Libero ha riportato alcuni stralci delle interviste contenute nella pellicola. (Continua a leggere dopo la foto)

In una pagina del libro, Severgnini ha riportato ad esempio la storia di Yahia, nordafricana che si trovava in Libia e al quale l’Ong Mediterranea Saving Humans, battente bandiera italiana, aveva offerto la possibilità di imbarcarsi. Lui, però, si era chiesto: “Se state veramente cercando di aiutarci, perché non vi impegnate in altre direzioni che possano aiutare più di una nave? Oppure vi aspettate che i migranti si gettino in queste frontiere d’acqua? Perché non ci aiutate con dei voli per tornare ai nostri Paesi? Personalmente non sono più interessata a venire in Europa”. (Continua a leggere dopo la foto)

Parlando con un giovane ghanese del naufragio di un’imbarcazione, Severgnini si era invece sentito rispondere: “Non c’è alcun ragionevole motivo perché la gente debba perdere la vita in questo modo. Le imbarcazioni usate non sono vere imbarcazioni, sono solo canotti. Caricano le persone sopra questo tubo gonfiato di plastica molto sottile, che non è in grado di trasportare tutti. Ma da quello che posso vedere c’è una connessione tra le Ong e i trafficanti libici”. (Continua a leggere dopo la foto)

Infine il commento dell’autore: “Le Ong usanoi media per far arrivare ai migranti ciò che per loro è importante che si sappia. Non informano sui rischi reali. Fanno proclami trionfanti, come domatori di asini in un Paese dei balocchi dove attirano giovani sprovveduti. Stiamo arrivando, “Eccoci, rispondono i migranti”»”.

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