Leggi Conte e immediatamente ti vengo in mente i volti sorridenti di Angela Merkel ed Emmanuel Macron, i due veri motori propulsori di un’Europa da sempre legata in maniera indissolubile agli umori (e alle ambizioni) di Francia e Germania. Ci sono le due cancellerie più potenti dell’Unione, non a caso, dietro la decisione del premier italiano di convocare gli ormai famigerati Stati Generali ai quali le opposizioni hanno già annunciato di non voler partecipare. E ci sono sempre i nostri cugini tedeschi e francesi a orientare le scelte di un piano, quello che l’Italia dovrà presentare a Bruxelles, “nostro” soltanto per modo di dire.
Se ne stanno accorgendo un po’ tutti, finalmente, in questi giorni di polemiche, promesse non sempre mantenute e proclami roboanti. Persino Repubblica, che scrive di “suggerimenti” discreti ma molto determinati da parte della Merkel e Macron sul programma di riforme e investimenti infrastrutturali. A benedire gli Stati Generali saranno poi le figure della presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen e della presidente Bce Christine Lagarde, ai quali si aggiungeranno poi Kristalina Georgieva, direttrice del Fondo Monetario Internazionale, e l’immancabile Paolo Gentiloni (oltre a David Sassoli). Bruxelles, insomma, avrà più di una voce in capitolo e un peso specifico non indifferente nel processo decisionale. Alla faccia della sovranità nazionale, verrebbe da pensare con un pizzico di malizia.
Prima l’Europa, dunque, poi l’Italia. Lo chiarisce bene un programma che vedrà i rappresentanti del governo incontrare prima proprio i volti di peso dell’Unione, tutti attesi in collegamento per sabato 13 giugno, e successivamente il mondo economico, imprenditoriale e sindacale italiano, che sarà invece ricevuto nella discussa cornice di Villa Pamphili lunedì 15 giugno. Il tempo di mettersi comodi, prendere appunti e lasciare che sia l’Ue a suggerire la ricetta giusta per portare il Paese fuori dalla crisi, magari con qualche dritta anche sulle opere pubbliche alle quali dare la precedenza e sull’opportunità di questa o quella riforma istituzionale.
Tutto, insomma, lascia pensare che il potere decisionale si sposterà pericolosamente dalle mani di Conte a quelle di un’Unione dove sono, come sempre, Germania e Francia a fare la voce grossa. D’altronde c’è da convincere gli Stati che ancora fanno resistenza, Olanda in primis, della necessità degli sforzi del Recovery Fund e della bontà con cui i soldi verranno investiti. Meglio, dunque, dettare direttamente la linea da seguire a Conte & co. Questa è l’Europa, bellezza. E gli italiani, come sempre, devono adeguarsi.
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