Nervi tesissimi a Taranto, città dove mentre nel resto della Puglia si vota per le elezioni Regionali è esplosa la rabbia dei lavoratori del siderurgico ArcelorMittali. Una sessantina di persone ha bloccato un tratto di statale proprio davanti alla fabbrica mentre era in corso una riunione dei sindacati metalmeccanici Fim Cisl, Fiom Cgil, Uilm e Usb per decidere le forme di protesta da intraprendere di fronte all’annuncio dello stop agli impianti dello stabilimento. In sindacalisti, una volta saputo della protesta, si sono uniti alla manifestazione, con il traffico che è così rimasto bloccato fino all’arrivo delle forze dell’ordine.
Successivamente il segretario Uilm Antonio Talò ha annunciato all’Agi il “blocco delle merci in ingresso nel siderurgico di Taranto di ArcelorMittal” a partire dalle prossime ore. “Fare sciopero sarebbe quasi inefficace perché abbiamo una disposizione del prefetto di Taranto, che risale al periodo del Covid, che prevede la soglia di almeno 3500 presenze giornaliere nello stabilimento e allora abbiamo deciso per un’altra forma di protesta, il blocco delle merci – afferma Talò – Inoltre, ci siamo autoconvocati per giovedì 24 settembre a Roma, sotto la sede di Palazzo Chigi, per pretendere dal Governo l’avvio di un percorso certo di discussione sul futuro del gruppo ArcelorMittal. Basta con questa trattativa di cui non sappiamo assolutamente nulla”.
Una rabbia che era già palpabile da settimane, con i lavoratori a lamentare una trattativa tra il governo e il colosso industriale che procedeva a rilento e senza affrontare i nodi più spinosi per il futuro dell’ex Ilva. A esasperare gli animi, il crollo di un nastro trasportatore a causa del cedimento di una delle strutture di sostegno. Nessun ferito, per fortuna, tra gli operai, ma l’episodio ha gettato ulteriori ombre sulle condizioni di una struttura che a inizio settembre aveva registrato la caduta di due carri siluro. Episodi che hanno gettato altra benzina sul fuoco di un impianto che vede 4 mila lavoratori già in cassa integrazione e altri in arrivo a causa della chiusura di chiudere altri tre reparti. Da qui, la nuova ondata di proteste.
I sindacati parlano di una situazione ancora più grave di quella del 2012, quando nel bel mezzo di un agosto di fuoco andò in scena il sequestro degli impianti. I dipendenti puntano il dito contro l’amministratore delegato Lucia Morselli, accusandola di essere al lavoro per portare ArcelorMittal fuori da Taranto il prima possibile. L’ipotesi che la manager possa restare al timone della società anche dopo un eventuale ingresso dello Stato è considerata la peggiore possibile: per i lavoratori, è lei il simbolo dell’inaffidabilità totale dei nuovi padroni.
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