Una cartella esattoriale da più di 13 milioni di euro e una sentenza che condanna non l’imprenditore ma la ex Equitalia per il pagamento delle spese processuali per 12mila euro. La storia – raccontata da Giovanna Bruno su norbaonline.it – è quella di un uomo conversanese che nel 2015 si vede recapitare una imposizione di pagamento da quella che allora era Equitalia e ora Agenzia della Riscossione. L’avvocato dell’uomo chiede l’accesso agli atti senza ricevere risposta, e la storia finisce in tribunale, a Bari. Il Ministero delle politiche agricole che aveva emesso l’ingiunzione sulla quale era basta la cartella non si presenta neanche. Equitalia sì. Ma in aula porta documenti che non dimostrano la notifica o l’interruzione della prescrizione.
E così dopo 5 anni il giudice decide che la cartella esattoriale deve essere annullata. E che è Equitalia in questo caso a dover pagare le spese legali. Una vittoria pagata a caro prezzo dall’imprenditore, dopo 5 anni di calvario. Per l’avvocato che lo ha difeso questo è l’esempio di quanto poco funzioni il rapporto tra cittadino e Fisco. E ora l’avvocato, insieme alla Camera civile di Lecce e a ConfImprese Italia, chiedono che possano essere coinvolti i rappresentanti degli imprenditori per evitare almeno gli errori palesi come questo.
La notizia di questa sentenza ha subito fatto il giro d’Italia. Quando ad essere condannata è l’ex Equitalia e non l’imprenditore, è sempre qualcosa di cui parlare. Ma non è la prima volta che ci si ritrova di fronte a casi simili, o addirittura ancora più particolari. Come ad esempio accadde a gennaio del 2018, quando si parlò molto di un’altra vicenda: uno studio legale napoletano vinse le cause contro Equitalia (o Agenzia entrate e riscossione) e anziché vedersi riconosciuto il diritto alle spettanze (stabilite dalla sentenza di un giudice di pace) fu costretto a far pignorare le scrivanie e le sedie dell’ente riscossore. Sì, avete letto bene: scrivanie e sedie pignorate a Equitalia.
Letta così potrebbe sembrare una barzelletta, ma invece è la realtà dei fatti, contenuta in decine di verbali di pignoramento. A questo punto è necessario spiegare tecnicamente come è la procedura. Nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di cause civili per la cancellazione di contravvenzioni al codice della strada prescritte contro Equitalia prima e contro Agenzia entrate riscossione dopo la riforma del governo Renzi. In caso di vittoria della causa, l’ente riscossore in primis deve cancellare la multa e di conseguenza la cartella che ha emesso e, se previsto dal giudice, anche provvedere al pagamento delle spese legali. Poi si mette in moto il meccanismo per richiedere le spettanze.
Ti potrebbe interessare anche: Quella parte del piano Colao che piace (parecchio) ai Benetton