Elon Musk è un genio, un mostro o…? Giorgia Meloni ha sollevato con poche parole un tema nevralgico su cui si srotola il dibattito: dove va la politica rispetto allo strapotere di una cerchia assai ristretta di persone, la cosiddetta élite digitale? Ha ragione la premier quando sbertuccia la sinistra e la sua contraddizione rispetto ai miracoli della Silicon Valley, una specie di Mecca cui guardava adorante, fintanto che i protagonisti di quella stagione parlavano il linguaggio “progressista” e “riformista” andava tutto bene, da Steve Jobs a Bill Gates passando per tutti quegli altri campioni del capitalismo della sorveglianza (Soshana Zuboff) le cui imprese predatorie non hanno mai incontrato resistenze particolari.
Ora che il più visionario della nuova generazione, Elon Musk (ex Democratico), ha infilzato la spada nel campo conservatore – costringendo gli altri suoi ex competitor a rivedere il loro posizionamento politico – ecco che egli diventa un mostro pericoloso, un manipolatore e cose del genere. Lo è? Sì, come lo sono tutti i suoi “compari” le cui piattaforme – per fare un esempio attuale – hanno censurato e bloccato informazioni e informatori con la peggiore delle accuse: fake news e affabulatori populisti: come non ricordare l’ammissione di Zuckerberg al Congresso sull’informazione in materia di Covid e vaccini? Musk è stato il primo ad avere il coraggio di lasciare libero il campo a chi aveva dei dubbi e li esprimeva con domande e con studi altrimenti censurati. Musk si atteggia da padre e padrone di X? Certo, non meno di tutti gli altri. I quali hanno usato ogni ganglio nella Pubblica amministrazione americana, specie sotto Obama, per by-passare regole, privacy e spazi altrui. I controllati erano i controllori col permesso dei Progressisti!
Ho già detto più volte che non ho mai amato la mistica della Silicon Valley e le sue pseudo-rivoluzioni che mi sanno tanto di feudalesimo moderno, pertanto non mi accodo oggi all’esaltazione del mito Musk proprio perché non ho mai praticato la grande Chiesa della Modernità digitale. Ne è prova la mia produzione letteraria, dal primo GangBank al più recente Maledetta Europa.
Musk è un genio, non lo nego. E la sua visione ha sicuramente contributo alla vittoria di Donald Trump consegnando agli americani il mito di una nuova grande frontiera da conquistare: Marte sta a The Donald come la Luna sta a Kennedy. Musk è il genio visionario di questo tempo. Limitarlo a X o a Tesla significa ridurre la sua azione a un mini segmento. Musk è soprattutto la rete satellitare, è il principale (non esclusivo) dominus di quella “crosta” che avvolge la Terra rispetto allo Spazio. Lui e i player della nuova Silicon Valley stanno componendo il cartello di imprenditori monopolisti dell’hardware e del software attinente la Nasa, la difesa aerospaziale. Tutti lì stanno andando, diventando essi stessi più forti dello Stato al quale non resta che concedere autorizzazioni se vuole andare avanti, specie nella sfida con Usa-Cina. Per questo considero Musk e gli altri “pericolosi”. A meno che il visionario Elon non capirà la fondamentale grammatica della politica, dello Stato e del Bene collettivo.