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“Ecco cosa ci aspetta a settembre”. Gli orfani del Covid lanciano l’allarme e preparano nuove restrizioni

Pubblicato il 25/08/2022 12:23 - Aggiornato il 25/08/2022 12:36

Si ricomincia. Non siamo nemmeno arrivati a fine estate che già gli “espertoni”, una volta tornati dalla spiaggia e messi via gli ombrelloni, riprendono ad ammorbarci con i loro toni allarmistici. Dopo un periodo di discesa, i casi Covid avrebbero ripreso la via della risalita. Cesare Cislaghi, ex presidente dell’Associazione italiana di epidemiologia, se ne accorge e subito si precipita a titolare così il suo rapporto settimanale sui dati: “Ahimè, forse si ricomincia da capo”. La nostra paura non è tanto che si ricominci con i casi Covid, visto e considerato che ormai anche i sassi hanno capito che con questo virus dovremo fare i conti per molto, molto tempo; la nostra paura è che si ricominci da capo con i rapporti degli “scienziati”, con le filippiche dei virologi e con gli immotivati toni allarmistici che precedono la messa in campo delle misure restrittive.
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Quella di Cislaghi, infatti, non è una voce isolata. Sebbene il rapporto del giovedì della Fondazione Gimbe continui ad osservare un calo importante dei ricoveri, sia nei reparti ordinari che in terapia intensiva (meno 15% in una settimana), nonché la discesa del numero delle persone attualmente positive (meno 11,9%), l’attenzione dei media si focalizza però sul numero dei contagi in aumento, ovvero 178mila nell’ultima settimana, più 18,7% rispetto alla precedente.
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Le ombre sul numero delle vittime

La tregua iniziata il 10 luglio sembra poi non aver intaccato il numero delle vittime, che continuano ad essere sopra ai 100 di media ogni giorno. I decessi da Covid nell’ultima settimana, secondo Gimbe, sono stati 759, l’1,7% in più rispetto ai sette giorni precedenti. Un aspetto, quello dei lutti, che continua a rimanere oscuro, visto che sono in molti a non capire se c’è qualcosa che non va nei conteggi o qualcosa che non va nelle cure. Addirittura lo stesso Roberto Burioni ha chiesto nei giorni scorsi un supplemento di indagini sul numero di vittime in Italia. Come anche Guido Rasi, ex direttore dell’Ema, che ieri ha dichiarato: «Ancora registriamo 112 decessi per Covid, un numero troppo alto, su cui mancano sufficienti spiegazioni» ha detto. Insomma, siamo nel bel mezzo di un cortocircuito statistico dove nessuno ci capisce più niente.
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«La mortalità per Sars-Cov-2 nel nostro paese – ha aggiunto – resta una delle peggiori d’Europa a fronte di un servizio sanitario capillarmente organizzato e di professionisti che il mondo ci invidia. Su questo c’è un assordante silenzio. Abbiamo bisogno di risposte chiare a tre domande: se la mortalità sia diversa tra le varie regioni; se la mortalità sia maggiore dove le cure sono minori e se i 1.200 morti a settimana avuti nel picco dell’ondata estiva abbiano avuto accesso agli antivirali». Forse Guido Rasi non è aggiornato sul reale stato della sanità italiana, dove gli ospedali sono talmente in crisi di personale sanitario, che alcuni governatori (leggasi Roberto Occhiuto in Calabria) preferiscono stanziare milioni di euro per stipendiare medici cubani, piuttosto che attingere dal bacino delle migliaia di sanitari italiani sospesi senza stipendio. Non proprio un sistema sanitario così capillarmente organizzato da suscitare l’invidia delle maggiori potenze mondiali, a nostro avviso.
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Mentre il mondo rifiata, in Italia si chiedono restrizioni

A livello mondiale, ha calcolato intanto l’Organizzazione mondiale per la sanità (Oms), nella settimana tra il 15 e il 21 agosto si sono registrati 5,3 milioni di contagi, soprattutto con la variante Omicron: il 9% in meno della settimana precedente. Il dato relativo all’Europa è fra i più spiccati: meno 20%. I decessi settimanali – 14mila in tutto – sono calati in tutto il mondo del 15%. Dall’inizio della pandemia al coronavirus sono attribuibili 593 milioni di contagi e 6,4 milioni di morti. Nonostante questo, fa notare Cislaghi, «C’è un sentire popolare che può essere sintetizzato così: “Non se ne può più, è meglio una settimana di malattia che continuare con chiusure e mascherine”. Soprattutto in campagna elettorale, il rischio è che per garantirsi un maggiore consenso popolare le parti politiche non adottino le misure più stringenti che potrebbero tornare necessarie». Una delle solite nefaste profezie a cui gli espertoni ci hanno abituati, oppure si tratta di una cruda anticipazione di un ritorno a quarantene, mascherine e Green Pass?

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