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Rivolta dei sindaci contro Conte: “Fa lo scaricabarile su di noi. Non andremo più alle riunioni”

Pubblicato il 19/10/2020 15:45

I sindaci non ci stanno, e ora alzano la voce. Lamentano uno “scaricabarile” da parte del governo che non vuole assumersi la responsabilità di ulteriori restrizioni per non perdere consenso. E così, col nuovo Dpcm, il lavoro sporco toccherebbe agli amministratori. Saranno loro a dover fare i “cattivi” e subire poi le proteste da parte dei propri concittadini. Nell’ultima versione del Dpcm del 18 ottobre pubblicata sul sito del Governo, infatti, il ruolo dei sindaci sulla gestione della movida e il rispetto delle regole anti-contagio da Coronavirus è diventato più generico. In conferenza stampa, ieri, Conte aveva chiaramente detto che “i sindaci potranno disporre la chiusura dopo le 21 di vie e piazze dove si creano assembramenti”.

Da qui è partito lo scontro tra governo e Anci, a cominciare dal suo presidente, il sindaco di Bari Antonio Decaro, che ha accusato il governo di scaricare la responsabilità della gestione sui Comuni. “È stata commessa una scorrettezza istituzionale, non parteciperemo più a riunioni di regia perché tanto la presenza dei sindaci è inutile”, ha detto Decaro parlando a Radio Capital. “Si incontrano i ministri con i presidenti di regione e decidono in autonomia. Il governo decide senza tener conto delle esigenze locali”.

Poi arriva l’altra dura stoccata da parte di Decaro: “Il governo ha voluto scaricare la responsabilità del coprifuoco sui sindaci. Non è possibile che siano i sindaci a chiudere le piazze e le vie della movida. I sindaci non possono controllare, per questo abbiamo preteso che sparisse dal testo del Dpcm la parola sindaco. Non ci piacciono le ordinanze-spot: se non possono esserci controlli, la norma è priva di senso”.

Nella nuova formula è stato poi tolto il riferimento esplicito ai sindaci, che già compariva nella prima bozza del Dpcm, ma non viene chiarito chi debba materialmente intervenire per disporre l’eventuale chiusura di zone delle città in cui “si possono creare situazioni di assembramento”. Un dettaglio che fa la sostanza della rabbia dei sindaci, tutt’altro che esaurita.

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