“Non ti vaccini? Allora puoi anche morire di stenti”. Questa, in sintesi, l’assurda posizione assunta dalla Asl di Imola nei confronti di Luigia, sospesa dallo scorso 21 settembre 2021 dall’incarico di operatrice socio sanitaria (Oss) presso l’ospedale Santa Maria della Scaletta in quanto non vaccinata. Da quel momento, non ha più percepito lo stipendio. Per sperare di poter tornare lavorare e ricevere una retribuzione, la donna dovrà attendere fino a dicembre 2022, quando avrà termine l’obbligo vaccinale per gli operatori sanitari. Fino ad allora, sarà costretta a continuare ad arrangiarsi, come sta già facendo. Tra mille difficoltà.
A Luigia è stato anche vietato di trovarsi un altro lavoro. In attesa di poter tornare a svolgere la propria professione, la donna aveva avanzato richiesta per poter lavorare come aiuto cuoco in un agriturismo, ma la Asl si è opposta categoricamente. Alle pagine della Verità, la signora ha raccontato: “Sono l’unica su 80 dipendenti a non avere avuto il Covid, quindi non ho potuto tornare per qualche mese a svolgere la mia mansione, retribuita, prima di una nuova sospensione. Mi hanno lasciata sempre a casa e per la direzione la questione è chiusa fino a quando non mi sarò vaccinata”.
Divorziata, 62 anni, Luigia ha resistito mettendo mano ai risparmi accumulati per tutta la vita, poi si è trovata in forte difficoltà: “Ho una mamma di 82 anni che vive a Volterra, sono andata a stare da lei. Almeno un tetto sono riuscita a rimediarlo. Avessi avuto dei bambini piccoli, come avrei fatto?”. Poi il racconto del suo caso: “Lavoravo nel reparto di chirurgia, diventato reparto Covid a marzo 2020. Dopo pochi mesi di ritorno alla normalità, in autunno fummo travolti dalla seconda ondata”. Ad aprile 2021, il responsabile le aveva intimato però di vaccinarsi.
“Dissi di no, che non avrei mai firmato il consenso informato e che, se obbligo era, doveva pensarci loro a disporre la vaccinazione”. A settembre la sospensione, senza nemmeno offerte di ricollocamento in un altro settore: “Mesi dopo mi venne offerto il posto di aiuto cuoca in un agriturismo. Pensai che fosse una benedizione e scrissi alla Asl per chiedere l’autorizzazione. Rispero con un secco no per asserità incompatibilità. Dovevo non lavorare in ospedale e fare la fame”.
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