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Casaleggio, Philip Morris e l’ombra del conflitto d’interesse: il caso che agita il M5S

Pubblicato il 27/11/2020 10:14

Consulenze per un totale di 2 milioni e 400 mila euro, pagate dal colosso del tabacco Philip Morris alla Casaleggio associati, l’azienda guidata da Davide Casaleggio. Una notizia pubblicata sulle pagine del Riformista e che ha subito sollevato più di un dubbio, tirando in ballo una parolina magica che un tempo il Movimento era solito brandire come un’arma e ora, invece, vede i Cinque Stelle di colpo chiamati in causa: “conflitto di interesse”. Ne esiste uno, viene da domandarsi, tra le attività della società del figlio di Gianroberto e le iniziative di parlamentari grillini? Philip Morris ha ricevuto, in questo senso, dei benefici negli ultimi anni?

Casaleggio, Philip Morris e l'ombra del conflitto d'interesse: il caso che agita il M5S

Il Riformista sottolinea come proprio nel periodo in cui la multinazionale commissionava alla Casaleggio associati delle onerose consulenze, in Parlamento poteva beneficiare di una tassazione agevolata, ad esempio, sulle sigarette elettroniche, commercializzate attraverso il marchio Iqos. Un collegamento che secondo lo stesso Casaleggio, che ha annunciato querela contro la testata, sarebbe una semplice fantasia, negando tra l’altro che possa esistere un conflitto di interessi visto che “io non firmo le leggi”. E però visto il ruolo non marginale svolto nella vita politica del Movimento, le richieste di maggiore chiarezza hanno subito inondato i social.

Casaleggio, Philip Morris e l'ombra del conflitto d'interesse: il caso che agita il M5S

Alle accuse di Casaleggio, il Riformista ha replicato chiedendo al presidente di Rousseau se sia al corrente di tutti i passaggi della vicenda. A partire dall’incontro nell’estate 2017 tra Luigi Di Maio e Philip Morris per mezzo di Utopia, agenzia di pubbiche relazioni che ha tra i suoi clienti anche la multinazionale. Sessanta giorni dopo, la Casaleggio associati avrebbe firmato una consulenza da 2 milioni e 379 mila euro. “Chi, all’interno del governo lo sapeva?”. Fino ad arrivare, poi, alla decisione dell’esecutivo (all’epoca gialloverde) di detassare le sigarette elettroniche. Come auspicato da Philip Morris. E in barba a un documento dell’Istituto Nazionale di Sanità che negava, di fatto, la minor pericolosità del tabacco riscaldato rispetto alle normali sigarette. Eppure, lo sconto fiscale per i produttori di e-cigarette arriva lo stesso.

Casaleggio, Philip Morris e l'ombra del conflitto d'interesse: il caso che agita il M5S

Alle domande di Report, la ministra della Salute dell’epoca Giulia Grillo ha negato di essere a conoscenza dei pareri negativi sulle sigarette elettroniche e di ignorare i rapporti tra Philip Morris e Casaleggio associati. “Spero non abbia influito”. Fari puntati anche sull’operato del governo Conte, che ha continuamente cassato ogni tentativo di aumentare le tasse sul tabacco riscaldato. Anche nel bel mezzo dell’emergenza coronavirus, quando un’associazione (Cittadinanza attiva) presenta un emendamento firmato da vari parlamentari per aumentare la tassazione, così da creare un fondo da destinare alla sanità. Idea bocciata. Il caso dei rapporti Philip Morris-Casaleggio nel frattempo è, ovviamente, diventato politico. La Stampa ha chiesto conferma al presidente di Rousseau delle cifre ricevute per le consulenze. Risposta: “Non rilasciamo informazioni relative ai nostri clienti”.

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