Una frattura sempre più netta, quella tra Davide Casaleggio e il resto del Movimento Cinque Stelle. Ormai schierato su posizioni contrarie, piccato dalle accuse continue ai “morosi”, in ritardo coi rimborsi. E per nulla preoccupato dall’eventualità di un addio del presidente di Rosseau. Che, da par suo, bolla i grillini, o almeno la maggior parte di loro, come traditori della memoria del padre Gianroberto. Con l’avvicinarsi degli Stati Generali, la situazione interna allo schieramento penstastellato è ormai evidente: si andrà avanti con la linea voluta da Grillo e Di Maio, chi non si adegua può cercare fortune altrove. Anche se di cognome fa Casaleggio.
Governo, poltrone, accordi, intese. Tutti termini ormai ben scolpiti nella storia del Movimento e che torneranno, inevitabilmente, nei prossimi anni. Perché i Cinque Stelle hanno indossato giacche e cravatte spogliandosi della carica rivoluzionaria che li accompagnava nelle piazze, perduta per sempre. E adeguandosi al mondo della politica, quello viscido e melmoso che promettevano di spazzare via. Roberto Fico, in questo, è stato chiaro: “Non potremo più essere quelli delle origini”. Un mutamento che potrebbe ora prevedere anche l’addio, senza troppi rimpianti, di Casaleggio.
I Cinque Stelle, d’altronde, finirebbero così anche per risparmiare qualcosa. 300 euro al mese, per la precisione, quelli che ognuno versa per il mantenimento della piattaforma. Casaleggio da par suo ha già preso le distanze: “Se ci si trasforma in un partito, il nostro supporto non potrà più essere garantito, dal momento che non sarebbe più necessario poiché verrebbero meno tutti i principi, i valori e i pilastri sui quali si basa l’identità di un Movimento di cittadini liberi e il suo cuore pulsante di partecipazione che noi dobbiamo proteggere”. In lite con il comitato di garanzia M5S, che gli ha ricordato in questi giorni come “la Rousseau è strumento nostro, non suo, se n’è appropriato arbitrariamente”.
Nervi tesi, tesissimi, con Casaleggio che conta sul supporto di un Di Battista che, però, è ormai a sua volta corpo estraneo al Movimento. Il finale della storia è già scritto. Il presidente di Rousseau lo sa bene e si è lasciato andare a un duro sfogo, raccontato dal Messaggero: “Gianroberto conosceva profondamente l’animo umano e non gli sfuggiva la possibilità che qualcuno, una volta eletto nelle istituzioni, avrebbe potuto provare, perseguendo il proprio interesse carrieristico, ad annullare il ruolo degli iscritti e il concetto stesso di portavoce”. Una sberla che i Cinque Stelle incassano senza battere ciglio, tutti pronti a benedire la linea Di Maio-Grillo.
Ti potrebbe interessare anche: Ex Ilva, esplode la rabbia: proteste in strada e blocco delle merci o delle merci