Sono passate soltanto poche settimane dalla proposta avanzata in Aula dal senatore Gianluigi Paragone, che aveva chiesto al governo di affrontare il caos dei mezzi pubblici facendo leva sul privato. Tassisti, società di trasporto con i loro pullman. Risorse importanti che, in un momento così critico, non aveva senso rimanessero ferme. Un appello rimasto inascoltato. Il risultato? Disarmante. Mentre le foto di resse sui bus fanno il giro dei social, denunciando una situazione insostenibile in epoca Covid, 180 milioni di beni restano fermi ai box, con il motore spento. L’ennesima assurdità a tinte giallorosse.
Per capire il folle quadro in cui ci si muove in queste settimane, basta leggere la storia di Gabriele Saija, 25 anni. Alle pagine del Corriere della Sera, il ragazzo ha spiegato di aver vinto un premio di Confindustria nel 2018 per la sua startup: la sua attività, arrivata a 16 dipendenti, offre trasporti privati in bus, sulla falsariga di quanto fa Uber con le auto. Con l’arrivo della pandemia, ha lanciato il portale zeelo.co.it, attraverso il quale offre mezzi con distanziamento, tracciamento, disinfezione e controllo di temperatura, così da garantire il massimo della sicurezza. A lui si sono già rivolte diverse aziende, tra le quali Amazon. Non, però, i Comuni italiani.
Saija aveva infatti scritto a tutti i Comuni con oltre 15 mila abitanti offrendo il suo servizio per ridurre l’affollamento sui mezzi pubblici. Risposte positive, però, zero. Non un caso isolato: tante imprese di trasporto rimaste senza lavoro hanno tentato di riadattarsi in questi mesi di crisi, mettendosi a disposizione degli enti pubblici. Ricevendo, però, puntualmente porte chiuse in faccia. Eppure il governo dice di aver messo a diposizione già 180 dei 300 milioni previsti proprio per far fronte a questo tipo di criticità. Ma allora, perché non si è riusciti a evitare il caos su metro e bus (ampiamente prevedibile)?
Dietro la scelta di non intervenire c’è, ancora una volta, la debolezza di uno Stato che non riesce a scardinare i malcostumi del Paese, preferendo rassegnarsi a conviverci. Nello specifico, non prova nemmeno a rompere la catena ormai saldata tra enti e società che hanno solidificato il monopolio del trasporto pubblico nelle varie Regioni. Dal Veneto al Lazio passando per Liguria ed Emilia-Romagna, i soldi sono stati investiti per tentare di potenziare le linee esistenti invece che alleggerirle affidandosi alle risorse dei privati, pronti a mettersi a disposizione a prezzo concorrenziale. Con il risultato sotto gli occhi di tutti: mentre bar e ristoranti sono costretti ad anticipare la chiusura, vedendo andare in fumo migliaia di euro, i ragazzi continuano a stiparsi sui mezzi ogni mattina, senza distanziamento. La logica, dalle parti del governo, resta una sconosciuta.
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