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Unificare i prezzi dei farmaci in Ue? Big Pharma dice no e salva i suoi interessi

Pubblicato il 03/09/2020 15:53

Come è tristemente noto a tutti, in Europa il prezzo dei farmaci varia da Stato a Stato. C’era però una proposta, un’idea, che avrebbe segnato un passo in avanti clamoroso, ridando un briciolo di dignità persino all’Ue. Si trattava di unificare il prezzo dei farmaci, così da spendere per la stessa medicina la stessa cifra sia in Francia che in Italia o in Portogallo. Bene, la proposta è stata bombardata. Ovviamente. E chi c’è dietro? Lo zampino di Big Pharma. Come spiega in modo documentato l’ultimo libro di Mario Giordano (Sciacalli, virus, salute e soldi; Mondadori), tutte le aziende farmaceutiche, dalle più piccole alle Big Pharma, vendono i loro prodotti ai servizi sanitari statali in base a una rigorosa clausola di segretezza sul prezzo. “Il prezzo vero è quello che le aziende farmaceutiche propongono a voce, sempre con uno sconto, ma a patto che rimanga segreto”, spiega il direttore di Aifa Li Bassi a Giordano. E qui mettiamo il primo tassello della questione.

Un prezzo segreto, con conseguenze assurde. Aggiunge Li Bassi: “Quando ci troviamo alle riunioni tutti insieme, noi direttori generali dei vari enti nazionali, io italiano con quello tedesco, quello olandese, francese, eccetera, verrebbe naturale chiedere: ma tu quanto l’hai pagato quel farmaco? E quell’altro? Ma non possiamo farlo, siamo legati a clausole di riservatezza”. Spiega inoltre Tino Oldani su ItaliaOggi, il giornale che più di tutti porta avanti la battaglia per l’unificazione del prezzo in Ue, che nel mentre il ministro Speranza ha rimosso Li Bassi dal suo incarico di presidente Aifa. Perché? “In applicazione dello spoil system”. E chi ci ha messo al suo posto? “Nicola Marini, il quale fino al gennaio scorso era segretario del comitato per i farmaci di base dell’Oms (Organizzazione mondiale della sanità)”.

Spiega ancora Oldani: “In Europa, la trasparenza dei prezzi dei farmaci è un problema che definire antico è poco. Nel 1989, prima che cadesse il Muro di Berlino, una direttiva dell’allora Comunità europea stabilì il principio legale per cui i prezzi dei farmaci dovevano essere trasparenti. Risultato? Quella direttiva è rimasta lettera morta per quasi 30 anni, totalmente inapplicata. Tanto che nel 2017 il Parlamento europeo, con un ritardo di ben 28 anni, ha approvato una risoluzione per sollecitarne l’applicazione. Sono trascorsi tre anni, ma nulla è cambiato in Europa”.

Chi è contrario più di ogni altro alla proposta di trasparenza? Stati Uniti, Germania, Gran Bretagna e Giappone. “Paesi che – ha commentato Gaelle Krikorian di Medici senza frontiere – hanno scelto di mettere gli interessi di una manciata di case farmaceutiche davanti agli interessi e alla salute delle persone”. Accuse pesanti, che non celano l’ennesima sconfitta. Parlando di come funzionano i rapporti tra gli Stati e Big Pharma, nel marzo 2019 l’allora direttore generale dell’Aifa, Li Bassi, in un’intervista al Fatto Quotidiano parlò di “ricatto”.

Gli Stati, a suo avviso, sarebbero ricattati dalle grandi case farmaceutiche, “pronte a tutto” pur di difendere la clausola della segretezza sul prezzo dei farmaci, e di riflesso i loro profitti. Un “tutto” che significa consulenze e finanziamenti a pioggia sull’intero universo della sanità mondiale, dai governanti agli ordini dei medici, fino ai singoli medici di base. E all’estero? “Quello delle aziende farmaceutiche è una delle più eclatanti e dannose cospirazioni nella storia degli Stati Uniti”, recita la denuncia di 44 Stati alle case farmaceutiche. Conclude Oldani: “In attesa che un tribunale Usa si pronunci, sentenza che Big Pharma ha più di un motivo per temere, in Europa tutto tace”.

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