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Alitalia: ecco perché, dopo il caso Mittal, il governo non deve cedere al ricatto dei Benetton

Pubblicato il 15/11/2019 15:30 - Aggiornato il 16/11/2019 11:08

Lo stato italiano non può più permettersi di subire ricatti da parte di aziende e multinazionali che credono di poter anteporre i loro interessi a quelli degli italiani. Un concetto da ribadire ancora una volta, nei giorni in cui è ancora caldo il tema dell’ex Ilva, con ArcelorMittal che minaccia di lasciare a casa migliaia di lavoratori qualora non sia ripristinato lo scudo fiscale di cui ha beneficiato. All’orizzonte si affaccia infatti una nuova, delicatissima sfida sulla quale l’esecutivo non deve perdere la faccia: la partita Alitalia.

Alitalia, dopo il caso Mittal un altro ricatto per il governo

La settimana prossima, infatti, arriverà sul tavolo la vicenda Alitalia, nella quale una parte fondamentale è giocata da Atlantia della famiglia Benetton. Quella, per intenderci, che rischia di perdere la concessione Autostrade dopo la tragedia del ponte Morandi che ha sconvolto Genova e l’Italia intera, con le inchieste di queste ultime settimane che continuano a sottolineare la mancanza di controlli e manutenzione su quella e altre strutture date in gestione al gruppo. La possibile revoca della concessione è però diventato elemento di ricatto, nelle intenzioni dei diretti interessati, sul fronte aeroporti.

Sì perché Atlantia, per bocca del presidente Fabio Cerchiai e del direttore generale Giancarlo Guenzi, ha fatto capire perfettamente da tempo le sue intenzioni: entrerà nella partita Alitalia soltanto se le concessioni per Autostrade non saranno revocate. In caso contrario, la sua partecipazione al capitale della compagnia con il 35% sfumerebbe. A chiarirlo era stata una lettera inviata al ministro dello Sviluppo Economico Patuanelli.

Nel testo si leggeva infatti: “Il permanere di una situazione di incertezza in merito ad Autostrade per l’Italia o ancor più l’avvio di un provvedimento di caducazione non ci consentirebbero, per senso di responsabilità riconducibile sia alle risorse finanziarie necessarie che alla tutela degli interessi dei nostri circa 40 mila azionisti italiani ed esteri, dei circa 31 mila dipendenti del gruppo e di tutti gli stakeholders, di impegnarsi in un’operazione onerosa di complessa gestione ed elevato rischio”. Insomma: ci revocate le concessioni? Di Alitalia non si fa nulla.

La revoca, alla luce di quanto successo a Genova, è però sacrosanta. E un tentennamento del governo di fronte un simile ricatto rischierebbe di far saltare il banco. Benetton e Mittal sono solo alcuni esempi di multinazionali abituate a comportarsi da padrone ovunque, piegando con pretese e ricatti il volere degli esecutivi di turno. Quello italiano deve opporre un fiero no: se volete scommettere su Alitalia dovete farlo perché convinti, da imprenditori, della bontà dell’operazione. Ai ricatti non cediamo. Con buona pace dei finti sovranisti, che ancora oggi chiedono di chinare il capo di fronte a Mittal.

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