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Super Mario non è poi così “super”. Il grande bluff di una carriera costellata di disastri

Pubblicato il 17/03/2022 17:22

Mario Draghi, un uomo spesso dipinto come un vero e proprio “supereroe” dai mass media. Ma qual è la sua storia? Cosa ha fatto per meritarsi il titolo di “Super Mario”? In realtà, molto poco. Draghi è passato per New York, Londra, Francoforte, per ricoprire incarichi di prestigio e ruoli decisivi in istituzioni pubbliche e private, raccogliendo, in verità, ben pochi successi rispetto a quelli che si potrebbero immaginare.
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La svendita degli asset statali

Mario Draghi inizia nel 1983 il suo viaggio nelle istituzioni pubbliche. Il primo incarico è quello di consigliere dell’allora ministro del Tesoro Giovanni Goria. Dal 1984 al 1990 ricopre la carica di direttore esecutivo della Banca Mondiale. Dal 1991 al 2001 occupa la posizione di direttore generale del Ministero del Tesoro. Nel giugno 1992, all’alba della stagione delle privatizzazioni di IRI, Telecom, Eni, Enel e altre aziende, Mario Draghi fu ospite a bordo dello yacht HMY Britannia della regina Elisabetta II. Il famigerato panfilo fu un vero e proprio salotto d’affari, ospitando l’incontro tra banchieri inglesi e un gruppo di manager ed economisti italiani. Sono anni difficili per l’Italia, quelli delle privatizzazioni delle società a partecipazione statale. Mario Draghi gioca un ruolo decisivo, che gli costa l’accusa di aver “svenduto” il patrimonio statale. Sul Britannia venne deciso il destino delle privatizzazioni italiane e la sua presa di posizione portò l’allora Presidente Emerito della Repubblica, Francesco Cossiga, a definirlo “un vile affarista, un liquidatore dell’industria pubblica italiana”. Non proprio un successone per l’attuale Presidente del Consiglio.
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Dalla Goldman Sachs alla BCE

In passato, Mario Draghi ha avuto stretti rapporti anche con la banca statunitense Goldman Sachs, di cui Draghi è stato, dal 2002, vice chairman e managing director alla guida delle strategie europee dalla sede di Londra, e, dal 2004 al 2005, membro del comitato esecutivo del gruppo. Questa collaborazione gli creò non pochi problemi quando la sua candidatura venne proposta per la presidenza della Bce. A Draghi, infatti, venne rimproverato il coinvolgimento nella vendita di derivati alla Grecia, che poi le permetteranno di entrare nell’Euro. Nel 2005, dopo l’incarico alla Goldman Sachs, Mario Draghi diventa governatore della Banca d’Italia. Rimase in carica fino al 2011, quando lasciò a fine mandato. Dalla banca centrale nazionale a arrivò a quella europea, rimanendoci dal 2011 al 2019. A Londra il 26 luglio 2012, Draghi dichiarò che la BCE avrebbe fatto qualunque cosa pur di salvare l’euro, il famoso “whatever it takes”.
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La troika demolisce la Grecia

Il 25 giugno 2015 l’Eurogruppo impone alla Grecia un ultimatum: accettare o no lo Staff Level Agreement (SLA): un durissimo piano di austerità e di privatizzazioni, rispetto al quale non era garantito nessun effettivo controllo da parte dello Stato greco. Dal 28 giugno al 20 luglio i greci non ebbero la possibilità di accedere formalmente ai propri conti. Le immagini degli anziani che svenivano dal caldo sono ancora oggi vivide nella nostra memoria, così come ricordiamo ancora la compostezza e la dignità delle persone che si recarono a votare al referendum indetto da Tsipras, sull’accettazione delle decisione dell’Eurogruppo. Questo nonostante la preoccupazione di non poter immaginare il destino dei propri risparmi. Nel 2020, Fabio De Masi, europarlamentare della Linke (Germania), scopre che Mario Draghi si rivolse ad uno studio privato per capire se la decisione da parte della BCE di chiudere le banche di un paese sovrano fosse legittima oppure no, nonostante la BCE potesse contare su un ufficio legale interno. Il responso legale di questo studio privato è rimasto però segreto: perciò De Masi e Varoufakis hanno lanciato la campagna Release Greek Files, chiedendo una copia del suddetto parere legale in modo da informare i cittadini in modo trasparente. Questo è quanto riferisce De Masi:

Da fonti interne alla Bce ho saputo che quel parere non era totalmente favorevole e dunque io credo che sia questa la vera ragione per la quale l’opinione pubblica non deve sapere che Draghi non aveva il potere di chiudere le banche: è chiaro che Draghi fece questa forzatura per obbligare il governo greco ad accettare il memorandum della Troika. Draghi ha avuto un’arma enorme nelle sue mani per costringere Tsipras […] L’austerità è stata un incubo per l’Europa. Noi vogliamo che finisca al più presto. Draghi passa per un pragmatico, per quello che ha salvato l’euro con il Quantitative Easing, ma non è così: è andato oltre il mandato dello Statuto della Bce sulla politica monetaria e ha sempre appoggiato le politiche di austerità”.

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Un antieroe dipinto da eroe

Il problema sulla legittimità delle azioni di Draghi come capo della BCE evidenzia una questione assai più rilevante: di legittimità innanzitutto politica e democratica, oltre che giuridica. Del modus operandi di “Super Mario” abbiamo avuto diverse dimostrazioni in questi ultimi due anni. Abbiamo assaggiato, nostro malgrado, il cinismo di un uomo che di eroico ha ben poco. Stiamo provando sulla nostra pelle i nefasti effetti del governatorato di colui che venne definito dai media “l’uomo della provvidenza”. La realtà è però un’altra. Di rado, infatti, durante la sua lunga carriera nelle istituzioni, l’attuale Presidente del Consiglio ha operato tutelando gli interessi della collettività, privilegiando invece quelli della finanza e del Potere che egli stesso rappresentava.

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