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Ecco perché il primo speculatore sui carburanti è lo Stato: cosa c’è dietro il salasso

Pubblicato il 19/03/2022 12:33

Abbiamo tutti bene in mente le parole pronunciate qualche giorno fa dal ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani: “Sul prezzo dei carburanti è in atto una truffa colossale”. Ne conseguirebbe che il governo sia dunque assolto da quanto sta accadendo e dall’ennesimo salasso per i cittadini. Le cose, però, non stanno propriamente così. Come denuncia Maurizio Belpietro su La Verità, “il primo a speculare sui carburanti è lo Stato. Se togliessimo Iva e accise, nel nostro Paese il prezzo di benzina e diesel sarebbe inferiore alla media europea. Non è tutto: il prodotto raffinato da noi aumenta meno che all’estero. Si scarica la colpa su guerra e Covid quando siamo vessati dal Fisco. Se il prezzo dei carburanti ha sfondato il muro dei 2,30 euro si deve ringraziare il Fisco, cioè il braccio armato del ministero dell’Economia”. (Continua a leggere dopo la foto)

Argomenta Belpietro: “Il costo della benzina, secondo le rilevazioni del sito Truenumbers, ieri ha toccato i 2,32 euro al litro per un pieno «servito» e il diesel addirittura è giunto a 2,33 euro al litro, con un rincaro che lo ha trasformato nel carburante più costoso. In pratica, in un anno siamo passati da 1,7 euro per un litro di benzina – una quotazione già ritenuta elevatissima – a 62 centesimi in più, con un aumento che sfiora il 40 per cento. Colpa della pandemia sommata alla guerra, come si è sentito in questi giorni in tv? Sì e no. La pandemia ha fatto il suo, fermando le economie del mondo e poi, una volta calmata, dando impulso alle produzioni. Il risultato ha prodotto un aumento della richiesta di carburanti soprattutto in Asia, cioè in Cina, dove il Pil è ripartito alla grande dopo due anni di incertezze. Ma questo spiega solo la prima parte della fiammata dei prezzi, cioè quella che ha portato la benzina a 1,7 euro”. Poi c’è il resto. (Continua a leggere dopo la foto)

“Cioè – spiega il direttore del quotidiano – le tensioni internazionali sfociate nell’invasione dell’Ucraina da parte dei carrarmati russi. Le notizie dell’embargo deciso dai Paesi occidentali per fermare i missili di Vladimir Putin, con lo stop di Stati Uniti e Gran Bretagna all’importazione di petrolio da Mosca, hanno fatto ulteriormente salire le quotazioni”. Oltre tutto questo, però, come si diceva c’è l’operato del Fisco, che sulla benzina arraffa miliardi, “al punto che nelle poche settimane di guerra ne avrebbe già intascato uno. Il meccanismo è semplice: ogni litro che esce dalla pompa costa all’automobilista più di tasse che di carburante. Infatti, il prezzo della benzina è composto da una quota di prodotto, mentre il resto sono imposte”. (Continua a leggere dopo la foto)

In sintesi, “fatto 45 il costo del carburante, poi ci sono le accise, cioè il tributo che si paga al Fisco, quindi sulla somma di queste due componenti, cioè benzina più tasse, si calcola l’Iva, che è un’altra tassa. Il risultato è che se cresce la quotazione del carburante, lo Stato incassa di più, perché aumenta la sua quota, non solo di accise, ma anche di Iva. Per farla breve e capirci all’istante, lo speculatore a cui alludeva Cingolani e che ha spinto i pm ad aprire un fascicolo è il Fisco, che guerra o non guerra, pandemia e ripresa, ci guadagna sempre. Infatti, da giorni, a fronte di aumenti spropositati dei carburanti che stanno mettendo in ginocchio il sistema dell’autotrasporto e anche le famiglie, lo Stato può vantare un extra-gettito”.

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