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Rider ricattati per lavorare: bufera su Uber dopo la sentenza del tribunale di Torino

Pubblicato il 23/02/2022 11:40

Un nuovo scandalo travolge il mondo delle compagnie che sfruttano i rider come lavoratori. Dentro l’occhio del ciclone ci finisce di nuovo Uber. “Sottoposti a un potere latamente disciplinare” nello svolgere un’attività che “nasceva col presupposto di poter scegliere se lavorare o meno e quando farlo o non farlo, principio a sigillo della natura autonoma della prestazione” quest’ultima “in realtà fittizia e solo apparente”. Un giudice a Torino ha così dato ragione a una decina di rider che avevano intentato una causa civile contro la multinazionale del delivery. Ora sono pubbliche le motivazioni a supporto della pronuncia: “Non era lavoro occasionale, ma subordinato”. E per la multinazionale sono guai. (Continua a leggere dopo la foto)

Come riporta La Stampa, “i ciclofattorini erano «formalmente contrattualizzati da Frc», una sorta di intermediaria di Uber, ma che si occupava soltanto del reclutamento dei lavoratori. Loro «a tutto concedere potevano decidere di mettersi on line e collegarsi alla piattaforma ma le eventuali consegne poi, venivano decise dalla piattaforma tramite un algoritmo sulla scorta di criteri del tutto estranei alle preferenze e allo stesso interesse dei fattorini». La loro attività «era interamente diretta, gestita organizzata, controllata dalla piattaforma nell’esclusiva disponibilità di Uber Italy». Lo spiegherebbe bene, secondo i giudici, una chat del 17 dicembre 2018 tra una manager Uber e il responsabile di Frc. (Continua a leggere dopo la foto)

Si legge: “Beh – dice lei – se non li paghi non gli dai la scelta. Solo quelli assegnati al turno vengono pagati. Scommetto che si adeguano e si connettono la sera quando serve”. Seconda conversazione, dice lei: “Non pagare quelli che non si devono collegare e io di conseguenza ti pagherò solo quelli che ti richiedo e devi impostare la relazione con i corrieri in modo che si connettono quando servono [ovviamente al buon andamento dell’attività di Uber Italy S.r.l osserva il giudice) secondo me se tu il pomeriggio non li paghi e loro per mangiare devono connettersi la sera, vedrai che si connettono”. (Continua a leggere dopo la foto)

I rider, assistiti dai legali Giulia Druetta e Sergio Bonetto, sono stati dunque riconosciuti come lavoratori subordinati. “Uber dovrà corrispondere loro la retribuzione diretta, indiretta e differita, nonché le competenze di fine rapporto, il trattamento di fine rapporto e indennità sostitutiva di preavviso per il 2018 e 2019”. A seguito della sentenza pronunciata dal giudice Lorenzo Audisio il 18 novembre 2020 (sulla quale potrebbe già pendere un ricorso in Appello), Uber Eats aveva spiegato: “La decisione del tribunale di Torino riguarda una situazione passata e ben specifica, che coinvolge una società di delivery con cui non lavoriamo più. Nell’ultimo anno – hanno argomentato – abbiamo rivisto e rafforzato i nostri processi, introducendo modifiche per fornire ai corrieri indipendenti un ambiente di lavoro sicuro, gratificante e flessibile”.

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