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Le norme contro l’evasione uccidono la libertà

Pubblicato il 14/04/2022 20:33

Di Gianluigi Paragone.

Nel mondo dell’informazione senza contraddittorio dove chi pensa diversamente viene etichettato con i peggiori insulti, non passa mai di moda la lotta al contante come via maestra per sconfiggere l’evasione fiscale. Quanta ipocrisia: in un Paese dove nostre multinazionali si trasferiscono negli euro-paradisi fiscali per pagare di meno le tasse e dove le nostre banche appoggiano loro società di servizi finanziari in Lussemburgo, ecco che torna il tema della sostituzione del contante con le carte elettroniche.

Ancora ieri il governo è entrato in consiglio dei ministri con un pacchetto di interventi sotto il cappello della lotta all’evasione “perché ce lo chiede l’Europa”, quell’Europa guidata fino a pochi anni fa dal signor Juncker, cioè l’ex presidente del Lussemburgo poi coinvolto nell’inchiesta LuxLeaks. 

La lotta al contante è un vecchio pallino di alcuni fanatici ancora convinti che un po’ di Grande Fratello faccia bene a questo Paese di corrotti, furbi e chi più ne ha più ne metta. La riduzione del contante con la lotta all’evasione non c’entra nulla; di contro la progressiva eliminazione del contante ci porta via irrimediabilmente un altro pezzo di libertà. Il contante è appunto libertà e il suo uso dev’essere rispettato pienamente. Viva i contanti è un bellissimo libro di Beppe Scienza, il quale dimostra come questa inversione di paradigma convenga solo al sistema bancario a danno del cittadino al quale si toglie uno strumento sicuro e vantaggioso perché il denaro è la migliore riserva di valore, difende da patrimoniali e da fallimenti.

La lotta all’evasione non c’entra nulla. A sentir i gazzettieri del Palazzo sarebbero tutti evasori, dagli artigiani ai commercianti. Fateci caso quelli che lavorano vengono considerati potenziali evasori da un sistema di avvoltoi che fa soldi senza sudare. Lo Stato pensa che io evada? Ha tutti gli strumenti per dar la caccia a furbetti e criminali di ogni risma. Invece qui accade che spesso il cittadino venga incriminato e bollato come evasore con tanto di ribaltamento dell’onere della prova: io ti accuso e tu prova che non è vero. Poi vinco e lo Stato fa lo gnorri.

E veniamo poi a un altro elemento: il controllo dei cittadini. Una norma in discussione prevede che tutti i pagamenti effettuati con moneta elettronica debbano essere girati  e registrati dall’Agenzia delle Entrate, sempre più terminale di controllo sociale come dimostra il fatto che proprio a costoro è demandato il compito di multare gli over 50 senza vaccino. Eliminare il contante significa avere un controllo capillare della vita dei cittadini comuni, delle sue abitudini. Quelli vip invece non hanno di questi problemi: per loro c’è sempre la possibilità di mettersi d’accordo con il Fisco con una mediazione conveniente e segreta.

Dati e soldi ormai vanno a braccetto, avere il controllo degli stessi significa disporre della libertà altrui. La identità digitale, cioè il green pass allargato alla vita di ciascuno di noi, sottende esattamente questa visione orwelliana in contrasto con le libertà fondamentali. Pensate a cosa succederebbe nel caso di un qr code legato alla identità digitale bloccato perché sei in contenzioso per una multa non pagata o perché sei moroso su una cartella esattoriale: se con il green pass non in regola ci negavano la possibilità di andare a lavorare, con una Identità digitale viziata da un atto della Pubblica amministrazione ti blocca l’accesso a servizi fondamentali (provate a chiedere a chi si è trovato a fare i conti, impazzendo, con le cartelle pazze di Equitalia dove ci sono voluti anni ad avere la meglio su una Burocrazia arrogante e pure dalla parte del torto!). 

Quello che hanno combinato in nome dell’emergenza è la somma di illiberali precedenti che vanno eliminati alla radice. Per questo dico no alla digitalizzazione delle nostre vite.