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“Ladri di facce”. Ecco come le aziende digitali si appropriano delle nostre fotografie

Pubblicato il 10/03/2022 10:07

Veri e propri “ladri di facce”, alla ricerca continua di scatti che ci ritraggono in volto. Attraverso i profili social, gli annunci di lavoro, un qualsiasi articolo di giornale. E non parliamo, si badi bene, di singoli utenti, ma di vere e proprie società specializzate in questo tipo di operazioni, pur senza avere alcuna autorizzazione per portarle avanti. Un software apposito, basato sul riconoscimento facciale, rende la “caccia” più facile. Poi, gli scatti finiscono in un archivio sconfinato, pronte a essere utilizzate successivamente, alla prima occasione utile.

Sì perché dal volto di una persona e dal suo look si possono desumere tante cose. Lavoro, fede, orientamento politico e sessuale, squadra del cuore, mete preferite per un viaggio. Se lo scatto è accompagnato da una data, anche quella viene registrata. A svolgere questo tipo di ricerche è la startup Clearview AI, di origini newyorkesi, che poi rivende il materiale raccolto principalmente a società private. In alcuni casi sono anche le forze dell’ordine a rivolgersi all’azienda, acquistandone le informazioni. In Italia, però, il Garante per la Privacy si è schierato contro la società, multata per ben 20 milioni di euro.

Come raccontato da Giuseppe Scarpa sulle pagine del Messaggero, Clearview AI non limita la sua attività alla ricerca di corrispondenze con i volti, ma svolge un’attività che può essere assimilata alla profilazione e alla sorveglianza in rete, molto discusse in Europa. L’istruttoria del Garante era stata avviata a seguito di alcune segnalazioni. Le successive indagini hanno dimostrato come l’azienda consentiva il tracciamento di cittadini italiani e persone collocate nel nostro Paese, diversamente da quanto dichiarato ufficialmente.

Secondo il Garante, “i dati personali detenuti dalla società, inclusi quelli biometrici e di geolocalizzazione, sono stati trattati illecitamente”. La società non avrebbe inoltre rispettato diversi principi basilari, come quello sulla trasparenza, ponendo così la propria attività “in violazione delle libertà degli interessati, tra cui la tutela alla riservatezza e il diritto a non essere discriminati”. Ulteriore elemento di delicatezza, il fatto che tra le foto raccolte ci siano anche quelle di minori.

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