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La censura dei “pacifisti” colpisce Dostoevskij e la Scala di Milano: gratuite prepotenze

Pubblicato il 02/03/2022 17:52 - Aggiornato il 07/12/2022 18:07

L’Università Bicocca di Milano dà una dimostrazione pratica della controversa “cancel culture”, ovvero quella forma moderna di ostracismo nella quale qualcuno o qualcosa divengono oggetto di indignate proteste provocando, di conseguenza, l’estromissione dalle cerchie sociali, professionali o culturali.
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La Bicocca censura Dostoevskij

Le proteste per il conflitto Russia-Ucraina sono molto trasversali e comprendono diversi modi, più o meno efficaci, di mostrare il proprio dissenso. Quello scelto dall’Università Bicocca di Milano, però, lascia alquanto perplessi. L’ateneo ha infatti ben pensato di cancellare con una mail il corso di Paolo Nori sul filosofo russo Dostoevskij. Lo scrittore ha in seguito dichiarato: «È una cosa che io non riesco a capire: non solo essere un russo vivente è una colpa oggi in Italia, ma anche essere un russo morto, che quando era vivo è stato condannato a morte nel 1849 perché aveva letto una cosa proibita. Queste cose che stanno succedendo in Italia sono cose ridicole. Un’università italiana che proibisce un corso di Dostoevskij, è una cosa da non credere e non volevo credere a questa mail».
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La retromarcia della rettrice

«Dopo le numerosissime critiche piovute dai social e non solo, la rettrice dell’Ateneo, Giovanna Iannantuoni, ha poi comunicato l’intenzione di rivedere la propria decisione, comunicando che: “l’Università di Milano Bicocca è un ateneo aperto al dialogo e all’ascolto anche in questo periodo molto difficile che ci vede sgomenti di fronte all’escalation del conflitto. L’Università conferma che tale corso si terrà nei giorni stabiliti e tratterà i contenuti già concordati con lo scrittore. Inoltre, la rettrice dell’Ateneo incontrerà Paolo Nori la prossima settimana per un momento di riflessione». Fortunatamente questa è stata una storia a lieto fine e gli studenti potranno tornare a studiare la filosofia con lo scrittore.
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Una Milano propensa alla censura

Ma non c’è solo la Bicocca ad applicare una “censura russa” a Milano. Anche il Teatro alla Scala, infatti, fa parlare di sé. Il “caso Valery Gergiev” potrebbe avere un epilogo definitivo il prossimo sabato 5 marzo e potrebbe chiudersi con l’esclusione del maestro dal Teatro alla Scala. Il direttore d’orchestra russo, pagherebbe delle sue passate affermazioni in favore di Vladimir Putin, con il quale ha un forte legame d’amicizia. Gergiev era salito sul podio dell’orchestra della Scala il 23 febbraio, esattamente il giorno prima che Putin decidesse di invadere l’Ucraina.
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La soprano difende il Maestro

L’ultima polemica coinvolge il soprano Anna Netrebko, protagonista delle ultime prime della Scala di Milano. Dopo aver annunciato che non salirà sul palcoscenico del Piermarini al prossimo appuntamento, il 9 marzo per “Adriana Lecouvreur”, si è schiera platealmente al fianco di Valery Gergiev. Nelle scorse ore la cantante ha rilasciato una chiara dichiarazione, condannando il conflitto: «Sono contraria a questa guerra. Voglio che finisca e la gente possa vivere in pace». Ha poi precisato che: «Costringere a denunciare la propria terra d’origine non è giusto». Infine, come segno di solidarietà dal Maestro Gergiev, ha successivamente lasciato intendere di non avere alcuna intenzione di presentarsi a Milano: «Sono in salute, ma non verrò».
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Insomma la frenesia anti-russa sta prendendo il sopravvento in molti ambiti e spesso si sta ricorrendo a soluzioni abbastanza estreme. Se questi siano modi opportuni o meno di mostrare il proprio dissenso in merito alla guerra lo lasciamo decidere a chi ci legge. Di certo bisognerebbe riflettere un po’ di più prima di arrivare a prendere simili decisioni.

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