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Gas e democrazia. Chi sono i paesi (tutt’altro che democratici) alternativi alla Russia

Pubblicato il 05/04/2022 20:40 - Aggiornato il 07/12/2022 17:58

Si parla tanto di tagli al gas d’importazione russa, ma chi sono gli eventuali altri fornitori? Algeria, Libia, Azerbaijan, Qatar: regimi non proprio democratici. L’associazione ideologica tra Stato di Diritto e forniture energetiche rischia di essere un grosso bluff, finendo nelle mani di governi che nulla hanno da invidiare al tanto odiato Vladimir Putin. Inoltre, ci vorranno anni per realizzare le infrastrutture di trasporto.
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La questione gas infiamma l’Europa

In questi giorni, nella maggioranza di governo italiana, così come quelle di altri Paesi europei, si dibatte animatamente sull’eventuale blocco dell’importazione di gas e petrolio dalla Russia, in modo tale da assestare il colpo del KO a Vladimir Putin, che ogni mese incassa circa 1 miliardo di euro dai Paesi membri dell’Unione Europea. Questo almeno secondo i sostenitori di questa tesi. L’Italia però, è bene ricordarlo, importa dall’estero quasi tutto il gas che utilizza. Parliamo del 95,6% del fabbisogno nazionale di gas. Sono circa 73 i miliardi di metri cubi di gas naturale che importiamo ogni anno. La quota del gas russo? Nel 2021 è stata del 38,2%, pari a 29,07 miliardi di metri cubi di gas naturale. Numeri che lasciano ben intendere come la Russia sia di gran lunga il nostro principale fornitore. Ora si pretende di azzerare tutto e sopperire a questa mancanza in tempi rapidi. Una vera e propria “mission impossible”. Ma chi sono gli altri nostri fornitori oltre alla Russia? Vediamo l’analisi proposta da La Verità.
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Il gas è in mano ai “cattivi”

Diciamo che tra molti di essi non vi sono molti campioni di democrazia e di diritti umani. L’Algeria ad esempio, da cui importiamo il 27,8% dell’approvvigionamento. La Libia, ridotta ormai al livello di «non Stato», falcidiata da continui conflitti interni dopo i bombardamenti franco-statunitensi che hanno portato alla morte di Gheddafi e da cui importiamo il 4,2% di gas. Oppure l’Azerbaijan, coinvolto nella guerra del Nagorno-Karabakh del 2020, un conflitto armato tra le forze azere e quelle armene per il controllo della regione caucasica. Proprio dall’Azerbaijan importiamo il 9,5% del fabbisogno di gas. Il Qatar? Beh, se pensiamo a come abbia fomentato e finanziato per lungo tempo numerosi gruppi terroristici islamici, oltre a essere lo Stato protettore della Fratellanza musulmana, non si può certo dire di essere in buone mani. Proprio il Qatar ci fornisce il 13,1% di Gnl che consumiamo, alla faccia dei perbenisti dei diritti umani. Un ulteriore 2,9% del gas arriva dalla Norvegia e dai Paesi Bassi.
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La situazione italiana

Ma com’è che il gas sembra essere esclusivamente appannaggio di guerrafondai dell’Est Europa o di loschi figuri del Medio Oriente? In realtà è bene sapere che l’Italia il gas ce l’ha, solo che non lo usa. O meglio, ne usa pochissimo. I dati aggiornati al 2021 del ministero dello Sviluppo economico ci dicono che l’Italia estrae il 4,4% del gas che consuma: significa che produciamo 3,34 miliardi di metri cubi di gas naturale, ma ne utilizziamo 76,1 miliardi. I giacimenti di gas sono 1.298 ma 752 di loro sono solo sulle cartine geografiche in ossequio alla legge 133 del 2008 che vieta l’estrazione di gas nell’area dell’Adriatico settentrionale (la stima è che in quella zona possano esserci fra i 30 e i 40 miliardi di metri cubi di gas).
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Il ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, ha recentemente dichiarato l’obbiettivo di aggiungere altri 2,2 miliardi di metri cubi, per un totale a oltre 5,5 miliardi di metri cubi di gas nostrani. Resta il fatto che saremmo comunque obbligati a rivolgerci ai nostri abituali fornitori. “Rinnovabili!” direte voi. Beh, se non fosse che per sostituire gas e petrolio comprato dai «cattivoni» del mondo ci vorranno vari decenni, sarebbe tutto bellissimo. Peccato che Europa e Governo siano troppo impegnati ad espellere i diplomatici piuttosto che pensare alle cose pratiche.

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