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Errori giudiziari, quanto lo Stato sborsa per i risarcimenti

Pubblicato il 16/04/2021 12:10

Le cifre sono impressionanti e riguardano quanto lo Stato italiano sborsa per risarcire i casi di errori giudiziari e ingiusta detenzione. In totale lo Stato solo nel 2020, solo per ingiusta detenzione, ha pagato 36.958.648,64 euro. La spesa per risarcimenti che riguarda invece gli errori giudiziari è salita rispetto all’anno precedente ed è stata di 9.104.875,44 euro, quasi tre volte in più rispetto a quanto versato alle vittime nel 2019. “Unendo le due voci e facendo una media adoperando i dati dal 1991, lo Stato paga 28,9 milioni di euro ogni anno”, riferisce il sito Truenumbers.it da cui riprendiamo le cifre. (Continua dopo la foto)

Mentre si parla di ingiusta detenzione quando “una persona accusata di un reato, o solamente indagata, sconta un periodo di custodia cautelare in carcere o agli arresti domiciliari e, al termine del processo, viene riconosciuta innocente. Anche un condannato, può ottenere un risarcimento per ingiusta detenzione, nel caso venga riconosciuta la mancanza delle condizioni necessarie per queste misure”.

Si parla, invece, di errori giudiziari quando ci sono comunque errori di valutazione, ma c’è una sentenza definitiva di condanna. È il caso in cui un innocente viene condannato in via definitiva e un processo di revisione “ribalta” la situazione. (Continua dopo le foto)

Tra i tribunali dove le casse pubbliche ci hanno rimesso di più per ingiusta detenzione, andando in ordine decrescente, vi sono quello di “Palermo, Roma, Bari, Napoli, Catania, Lecce, Milano e Messina.” Ma i tribunali calabresi, si posizionano tra i primi nella classifica dei risarcimenti pagati nel 2020. Il primo è quello di “Reggio Calabria con più di 7 milioni” versati. Il secondo è il distretto di Catanzaro con “4,5 milioni”.

Il sito da cui riprendiamo i dati sottolinea inoltre che “il 2020 è l’anno in cui è stata emessa l’ordinanza di riparazione per ingiusta detenzione o errore giudiziario anche se questo è avvenuto anni prima”.