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“Covid, l’emergenza è stata gonfiata?”: Gabanelli analizza i numeri forniti dall’Iss su morti e contagi

Pubblicato il 27/01/2022 10:59

I numeri dei morti di Covid sono gonfiati? Ce lo chiediamo dall’inizio della pandemia, quando le televisioni e i siti delle principali testate italiane hanno iniziato a bombardarci con il bollettino quotidiano della pandemia, diventato presto un triste rito. Complessivamente, stando ai dati forniti dal ministero della Salute, i decessi legati al virus sarebbero stati oltre 138 mila, un totale che però molti esperti negli ultimi mesi hanno contestato, mettendo nel mirino le modalità di conteggio. Un tema caldissimo, sul quale è intervenuta in queste ore anche Milena Gabanelli.

Attraverso le pagine del Corriere della Sera, la giornalista ha spiegato che l’Istituto Superiore di Sanità (Iss) raccomanda di conteggiare tra i “morti di Covid” le persone con tampone positivo al momento della morte, quadro clinico compatibile con i sintomi del virus, assenza di recupero clinico tra la malattia e la morte e assenza di una chiara causa di morte diversa dall’infezione. Proprio quest’ultimo punto sarebbe in realtà quello della discordia: se una persona muore a seguito di incidente stradale, infatti, non viene incluso tra i decessi per Covid, ma se è affetto da patologia oncologica, cardiovascolare, renale, epatica, oppure ha il diabete, e viene a mancare mentre è positivo, rientra nel conteggio.

Alla base di questo sistema sarebbe la seguente considerazione: “Le patologie preesistenti possono aver favorito o predisposto a un decorso negativo dell’infezione ma il Covid è determinante”. Andando a guardare i numeri, sempre forniti dall’Iss, sulle malattie pregresse, “i dati dell’Iss mostrano che chi è morto mentre aveva il Covid senza nessun’altra patologia concomitante è solo il 2,9% dei deceduti, con una patologia l’11,3%, con 2 il 17,9% e con tre o più il 67,8%. La questione qui è: il paziente è morto con il Covid o per il Covid? Abbiamo già visto come la scelta dell’Iss, in linea con le disposizioni internazionali, è di conteggiare come morto di Covid anche, per dire, un malato oncologico con polmonite e tampone positivo”.

Sempre secondo l’Iss, “sotto gli 80 anni, il 44% è stato ricoverato in un reparto di terapia intensiva, il 42,3% in ospedale ma non in terapia intensiva, il 13,7% in nessuno dei due. Di contro, negli over 80, l’8,2% è stato ricoverato in un reparto di terapia intensiva, il 71,1% in ospedale ma non in terapia intensiva, e il 20,7% in nessuno dei due”. Quindi, spiega Gabanelli, “chi è molto compromesso di salute, nella maggior parte dei casi non viene ricoverato in rianimazione perché intubarlo servirebbe solo a farlo soffrire ulteriormente. L’età media di chi muore dopo essere stato ricoverato in rianimazione, infatti, è in media di 68,2 anni con 3 patologie pregresse, contro gli 82 anni di chi muore in un reparto normale con 4 patologie pregresse”.

Si può parlare quindi di una sovrastima dei morti per Covid? Secondo il ricercatore dell’Ispi Matteo Villa, “tra gennaio e ottobre 2021, i morti inclusi nel bollettino Covid sono stati circa 54 mila, mentre lo scostamento dalla mortalità media degli anni precedenti è stato di circa 49 mila persone. Questo potrebbe fare pensare a una sovrastima dei morti Covid, in realtà va considerato il fatto che l’influenza è sparita. Se escludiamo dal confronto i morti di influenza degli anni pregressi, i morti reali in più rispetto alle attese sono stati nel 2021 circa 63 mila, cioè novemila in più rispetto ai morti Covid dichiarati nel bollettino. Questo ci fa pensare che non ci siano extra-conteggi, ma che i morti inclusi nel bollettino siano una buona approssimazione delle persone per cui il Covid è stata davvero la causa determinante di morte negli ultimi due anni». Va soprattutto considerato che i dati arrivano a ottobre e il numero di decessi è aumentato a novembre e dicembre”.

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