
Le elezioni regionali hanno premiato come previsto il centrodestra, confermando il trend delle politiche. Non ci sono ancora numeri definitivi, ma il vantaggio è così netto da non lasciare spazio a dubbi. Si tratta però di una vittoria con un retrogusto amaro. Se da un lato le politiche ultraeuropeiste della sinistra, ormai completamente asservita ai poteri finanziari, sono state punite dagli elettori, dall’altro l’astensionismo generalizzato solleva più di una preoccupazione. In Lombardia, dove si era abituati a un’alta partecipazione popolare al voto, ci si è fermati fra il 41 e il 42%. Un dato che solo poco tempo fa sarebbe stato considerato quasi incredibile. Sei elettori su dieci sono rimasti a casa: un segnale sconfortante che non può essere spiegato solo con un generico malcontento dell’elettorato.
La decisione di anticipare le elezioni politiche a settembre, cancellando di fatto la possibilità di organizzare una vera campagna elettorale, aveva già provocato discussioni. Non c’era alcuna fretta di andare al voto, le conseguenze in termini di partecipazione popolare erano prevedibili. Non paghi, i nostri governanti hanno deciso di anticipare anche le elezioni Regionali in Lazio e in Lombardia alla prima metà di febbraio. Poco dopo le vacanze natalizie. In questo modo si è nuovamente anestetizzata la campagna elettorale, e si è anche impedito alle nuove formazioni che hanno iniziato da poco il loro percorso politico di organizzarsi in vista del voto. (continua dopo la foto)

Ora, è vero che gli italiani sono delusi e sfiduciati. La situazione economica sempre più difficile, l’incertezza sul futuro, la subalternità rispetto alle decisioni imposte da Bruxelles, la delusione per il comportamento di partiti che si dichiaravano contro un certo sistema e poi, a conti fatti, hanno tradito i loro elettori. Tutto questo non basta a spiegare un crollo simile. C’è una regia dietro a questi numeri, un progetto preciso. Questo continuo anticipare la data delle elezioni, più per interessi di bottega che per necessità, è un gioco molto pericoloso. Perché in questo modo si trasmette il messaggio che la politica è “cosa loro”. Uno spazio inarrivabile dove invece che agli interessi comuni si pensa a quelli di partiti e lobbies. Non è un fenomeno naturale, ma qualcosa di voluto e preparato da tempo. (continua dopo la foto)

Le persone, nel mondo occidentale, danno per scontate certe libertà, certe tutele, che invece oggi più che mai si sono dimostrate a rischio. Per questo il popolo va tenuto lontano dalle urne, per permettere ai padroni del vapore di fare i loro interessi. Così l’informazione, o quello che ne resta, dev’essere ridotta ai minimi termini. Il confronto dev’essere grossolano, fondato su pochi slogan. Le voci fuori dal coro devono essere messe a tacere. Anche e soprattutto così si spiega questo drammatico dato sull’affluenza alle urne. Ma attenzione, perché la democrazia è uno strumento delicato: quando si rompe poi è molto difficile riaggiustarla. E le conseguenze, come ci insegna la storia, possono sfociare in tragedia.