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Berlinguer e la perdita d’identità Dem

Pubblicato il 17/04/2024 12:35

“Qualcuno era comunista perché Berlinguer era una brava persona”. Troppo facile andare alla voce Gaber e ripescare quel classico lì. E se il grande G scherzava dicendo “Mi piacciono le domande dirette” a chi gli domandava se fosse comunista, nel nostro piccolo andiamo diritti al punto: che senso ha la faccia di Berlinguer sul tesseramento del Pd? Sono quarant’anni dalla morte, vero; e capiterà anche stavolta che la tragica scomparsa dell’allora segretario del Pci coincida con le elezioni europee. Ma allora sulla lista c’era il simbolo del Pci cioé del più grande partito comunista d’occidente; e oggi c’è il simbolo del Partito democratico che con il Pci – così ci avevano detto – non c’entrava nulla. Quel pezzo di storia riguardava uno dei due azionisti, cioé i Ds – i quali già erano una evoluzione del Pds, la Quercia post comunista che teneva nelle sue radici il simbolo di quel Pci (disegnato da Renato Guttuso, tra l’altro). I Ds di Fassino e la Margherita che era l’evoluzione dell’anima popolare, post democristiana, si univano e formavano un soggetto nuovo, il Partito democratico.

Mettere nella tessera del Pd lo sguardo di Berlinguer significa ammettere che il Pd non ha una sua identità. Infatti è guidato da una segretaria, Elli Schlein, che nemmeno era iscritta nel momento in cui si candidava alle primarie, primarie che vinceva ribaltando il risultato interno al Pd che invece, nei congressi, aveva scelto Stefano Bonaccini. Una segretaria che per la prima intervista ufficiale sceglie Vanity Fair e parla di armocromista e di battaglie che faranno storcere il naso alla componente cattolica, all’anima ex ppi ed Ulivo. Ecco, quell’anima – già ai margini della macchina partito – ora anche iconograficamente diventa un soffio impercettibile; e dire che il fronte cattolico avrebbe molto da dire sui temi attuali, dalla guerra alla maternità surrogata, temi di cui il Papa ha parlato con estrema chiarezza.

Il Pd torna all’album dei ricordi riscoprendosi più comunista che cattolico e lo fa a quarant’anni dalla morte ma anche a quarant’anni dal sorpasso storico del Pci sulla Dc. Lo fa perché è dentro una profonda crisi di identità che spera di arginare con gli occhi di Enrico Berlinguer, i quali avevano già visto la crisi del comunismo sovietico; crisi che tentò di superare con una questione morale non avendone più una programmatica. Anche le parole del tesseramento riprendono gli ultimi lampi del discorso di Padova: “Compagni, lavorate tutti, casa per casa, strada per strada…”. Peccato che strada facendo qualcuno si è perso proprio sulla questione morale, ammesso che fosse una esclusiva di Botteghe Oscure (dove arrivavano pezzi dell’oro di Mosca). E nemmeno sulla casa il nuovo Pd sta capendo bene cosa diavolo succederà a quei compagni che, spaccandosi la schiena in fabbrica, si erano comprati la casa in periferia facendo un mutuo, onorandolo rata dopo rate. Il valore economico di quella casa con gli anni si è ridotto sempre più dopo le politiche pro immigrati della sinistra: quanto volete che possa valere un immobile dove gli spacciatori si sono impossessati del marciapiede e si menano tra loro per il controllo dello spaccio e dove le mignotte se non sono davanti al portone sono in qualche appartamento dello stabile? Ora, il povero Cipputi, dovrà pure pagarsi i lavori di riqualificazione per rendere green la casa. Con quali soldi visto che alla sinistra, della classe operaia, non frega più nulla?