NaturaSì, leder dei supermercati bio in Italia, darà un contributo consistente per pagare il costo dei tamponi ai propri dipendenti diretti che hanno scelto di non vaccinarsi. L’annuncio ha subito fatto il giro del web scatenando reazioni contrastanti. Da una parte è stato lodato e preso a modello, dall’altra è stato bollato come gesto da irresponsabili che “incoraggia i no-vax”, come se fosse questa una colpa. La decisione encomiabile di NatursaSì è stata annunciata dal presidente Fabio Brescianin con una lettera indirizzata ai 1.650 dipendenti. Cosa ha scritto? (Continua a leggere dopo la foto)
“Per garantire il rispetto delle nuove norme sul green pass, e permettere a tutti i lavoratori di svolgere la propria attività in azienda liberamente, siamo intenzionati a contribuire come gruppo al costo dei test previsti dalla legge”, dice Fabio Brescacin, presidente di NaturaSì. “Non vogliamo entrare nella polemica: la nostra azienda vuole garantire un aiuto ai nostri collaboratori. Per noi, come azienda del biologico italiano, in armonia con la nostra missione, sono validi tre principi fondamentali: il rispetto della salute delle persone e della Terra, il rispetto della libertà individuale, i diritti e la dignità dei lavoratori”. (Continua a leggere dopo la foto)
Come scrive il Corriere, che ha fatto i conti in tasca all’azienda, “facendo un calcolo, sulla base di un contributo di dieci euro a tampone (attualmente costano 20 euro circa ma scenderanno a 15 euro come ha deciso il governo) e considerato che vale 48 ore e quindi ne servono tre alla settimana (30 euro a settimana), dal 15 ottobre a fine dicembre sono undici settimane. Quindi, per ogni lavoratore no vax o free vax NaturaSì potrebbe spendere 330 euro. Se si considera una percentuale di No Vax al 10 per cento, su 1.650 dipendenti si tratta da 165 contributi e la somma totale fa 115.500 euro”. (Continua a leggere dopo la foto)
La società, che destina automaticamente una parte delle entrate a progetti di valore sociale e a favore dei lavoratori, esclude di aumentare i prezzi per i clienti. E considera quella cifra, 115mila euro, un valore negoziabile per garantire la libertà e i diritti dei propri lavori. Nessun’altra azienda in Italia, al momento, ha fatto un passo così deciso e lodevole.
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